Si sono appena concluse le celebrazioni del 25 Aprile, ma vorrei ricordare la figura di Aldo Gastaldi “Bisagno” perché lui, in quei giorni tragici dopo l’8 settembre 1943 quando indegnamente il Paese fu abbandonato nel caos più assoluto dalla sua classe dirigente, nella lotta fratricida che ne seguì non vedeva “nemici“, ma solo gente che la pensava in maniera diversa, difendendo l’idea di Libertà da tutti coloro che volevano ammantarla di questo o quel colore politico.
Anch’io, sia pure nella mia modesta dimensione di persona senza nessun blasone, durante la mia carriera politica prima nelle istituzioni e ora nel mondo dell’informazione, non ho mai visto, in chi aveva o ha opinioni o posizioni partitiche diverse dalla mia, nemici, ma solo persone che la pensavano e la pensano in modo diverso.
E sul giornale (“l’inchiostro fresco“) che con un gruppo di amici ho creato sin dal lontano 1985, cerco di dar voce a tutti, permettendo le diverse posizioni a confronto.
Saranno poi i lettori a decidere e, trasportando l’uguale concetto nel panorama più ampio elettorale, saranno i cittadini a scegliere con il loro voto i loro rappresentanti, esprimendo quella che Rousseau chiamava la “volontà generale“, che poi è quella che guida una società.
Vi accludo il filmato della visita che – scendendo dal Monte Antola, dopo una breve sosta alla Casa del Romano per riprenderci dalla fatica – feci nel giugno 2016 con Giusy al monumento a d Aldo Gastaldi a Fascia, proprio per rendergli onore.
Qui di seguito vi accludo una nota
del mio amico Franco Astengo sulla tragica morte di Aldo gastaldi che
avvenne il 21 maggio 1945 a Desenzano del Garda.
A tutti un abbraccio da
Gian Battista Cassulo
In ricordo della tragica morte di Aldo Gastaldi avvenuta il 21 maggio 1945 a Desenzano del Garda – pezzo a firma di Franco Astengo
La mia opinione è che è stato un incidente tragico ma un incidente.
Voci che circolano ma mai provate, tra l’altro in quel momento si
trovava sul Lago di Garda,lontano dalla sua zona di operazioni. La lotta
di liberazione non è stata un pranzo di gala e il ruolo dei partiti è
risultato assolutamente decisivo anche per via della corrispondenza tra
le forze politiche presenti nel CLN e le corrispondenti formazioni
combattenti. Occorrevano catena di comando e disciplina, difficili da
mantenere senza professionalità militare e capacità di coagulo che
soltanto l’appartenenza ai partiti poteva garantire. Certo con
contraddizioni e difficoltà, in un momento così tragico.
Dotato
di forte personalità, Aldo Gastaldi, fervente cattolico e fermamente
apartitico, insieme al comunista Serbandini stabilì per gli uomini della
Divisione severe regole di comportamento, il famoso “Codice di Cichero”
che tutti i partigiani si impegnarono a rispettare nonostante le
condizioni al limite della sopravvivenza: “in attività e nelle
operazioni si eseguono gli ordini dei comandanti, ci sarà poi sempre
un’assemblea per discuterne la condotta; il capo viene eletto dai
compagni, è il primo nelle azioni più pericolose, l’ultimo nel ricevere
il cibo e il vestiario, gli spetta il turno di guardia più faticoso;
alla popolazione contadina si chiede, non si prende, e possibilmente si
paga o si ricambia quel che si riceve; non si importunano le donne; non
si bestemmia”.
Bisagno combatté tenacemente esponendosi sempre in
prima persona contro la politicizzazione della Divisione e delle
formazioni Partigiane. Come riportato dal “Dizionario della
Resistenza”(Einaudi, 2001) e dal “Dizionario della Resistenza in
Liguria” di Gimelli e Battifora (De Ferrari, 2008), “Bisagno” era
decisamente critico nei confronti del partitismo, poiché esso avrebbe
potuto “[….]incrinare la lotta partigiana[…]. “Noi non abbiamo un
partito, noi non lottiamo per avere un domani un cadreghino, vogliamo
bene alle nostre case, vogliamo bene al nostro suolo e non vogliamo che
questo sia calpestato dallo straniero, dobbiamo agire nella massima
giustizia e liberi da prevenzioni”.] Bisagno, uomo dotato di forte
personalità e carisma scriveva all’età di 21 anni: Continuerò a gridare
ogniqualvolta si vogliano fare ingiustizie e griderò contro chiunque,
anche se il mio grido dovesse causarmi disgrazie o altro.”.
Morì
il 21 maggio 1945 cadendo dal tetto della cabina del mezzo su cui stava
viaggiando (un autocarro Fiat 666), finendo sotto le ruote, nella
frazione Cisano di Bardolino, nei pressi di Desenzano, mentre
accompagnava a casa gli alpini del battaglione Vestone della Divisione
Alpina Monterosa, che avevano deciso di combattere al suo fianco, per
tener fede alla promessa fatta a Cabella Ligure il 4 novembre 1944.
L’improvvisa morte di Bisagno, avvenuta nei giorni convulsi che
seguirono la Liberazione, ha suscitato diverse polemiche. In
particolare, s’è ipotizzato un omicidio per la sua opposizione alle
frange comuniste del movimento partigiano. La tesi dell’omicidio,
tuttavia, non è mai stata provata ed è contestata da diverse
testimonianze, che insistono sull’accidentalità dell’evento.
Gianpaolo Pansa, pur non prendendo esplicitamente posizione sul tema, ha
riportato i dubbi riguardanti la fine di Bisagno in un articolo ed
anche nel suo libro del 2018 Uccidete il comandante bianco. Il
libro di Pansa è stato criticato in quanto, non citando fonti e
testimonianze, si avvicinerebbe più ad un romanzo che ad un’opera
storica.
Alla fine degli anni Novanta un documento firmato da
ex-capi partigiani di ogni tendenza politica (cattolici, socialisti,
comunisti, liberali), oltre a contestare le tesi sul possibile omicidio,
avviò le procedure per la traslazione della salma del Comandante nel
Pantheon del Cimitero monumentale di Staglieno, a Genova
Ad Aldo
Gastaldi il comune di Genova ha dedicato un’importante arteria cittadina
(rinominando il Corso Giulio Cesare) su cui si affaccia la Casa dello
Studente, teatro negli anni dell’occupazione nazista di efferate
torture. Una statua con lapide a suo ricordo si trova al Parco
dell’Acquasola, nel centro cittadino. Sempre a Genova un Istituto
Tecnico Industriale porta il suo nome.
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