Angelo Panebianco in un suo saggio “Modelli di partito”, edito da “il
Mulino”, la cui prima edizione risale al 1982 ma che è sempre attuale,
considerava i partiti come delle organizzazioni all’interno delle quali,
passato il primo periodo di formazione quando il partito doveva “aggredire il territorio” (cioè
affermarsi) e aveva bisogno di una militanza sfegatata, poco alla volta
si veniva a formare una “coalizione dominante” che diventava
la vera padrona del partito stesso, controllandone tutte le aree
strategiche, a partire dalle iscrizioni per arrivare ai finanziamenti.
Panebianco poi
individuava all’interno dei partiti i “militanti di base” che erano armati
da un credo incondizionato nella bandiera di partito e i “professionisti
della politica”, due figure egualmente importanti per la vita di ogni
formazione politica e che, a seconda del loro dosaggio numerico, indirizzavano
la vita interna o verso una tendenze ideale o la trasformavano in uno scontro
tra fazioni. Pane bianco individuava nei partiti anche la figura degli opportunisti,
ma quella è una categoria, come la gramigna, presente ovunque.
Guardando con l’occhio
di un elettore esterno ad ogni appartenenza partitica, ho seguito questa
campagna elettorale per i rinnovi dei Consigli comunali qui nell’Oltregiogo, ponendo particolare attenzione
alle città di Ovada, Novi Ligure e Busalla, luoghi
strategici e di cerniera tra il sistema dei porti liguri e il retroterra
ligure/piemontese.
Ad Ovada e Busalla
le scelte nel segno della continuità sono già state fatte e Paolo
Lantero (Ovada) e Loris Maieron (Busalla) sono stati
confermati.
Qui a Novi domenica
9 giugno 2019 invece ci sarà il ballottaggio
tra Gian
Paolo Cabella, lo sfidante, e Rocchino Muliere il sindaco uscente.
Chi vincerà? Ce lo
dirà la gente domenica sera perché con questo sistema elettorale maggioritario,
che si sta progressivamente affermando nella mentalità comune, lo Scettro
del comando è nelle mani dei cittadini.
Ma per tornare al
nostro Angelo Panebianco e ai suoi studi sui partiti, passando
domenica scorsa, 2 giugno 2019, “Festa
della Repubblica”, all’ora di pranzo nella centralissima via Girardengo davanti
al gazebo
della Lega, l’occhio mi è caduto su un ragazzotto che, sbocconcellando
un buon Kebab e sorseggiando Coca Cola, stava “facendo la guardia” alle attrezzature di
partito, stando bene attento a che il vento non disperdesse i vari “santini” e depliant della campagna
elettorale in corso.
E allora mi sono
reso materialmente conto di quanto siano importi i “militanti di base” per un
partito, perché senza di essi, senza il loro attaccamento “alla bandiera”, i partiti non potrebbero neanche fare un passo e
nello stesso momento mi sono reso conto di quanto i partiti siano utili alla
società nel suo complesso perché, incentivando la loro militanza di base “ad esserci”, favoriscono anche il pieno
diritto alla “cittadinanza attiva”, ovvero alla crescita della società.
E così, visto l’ora
in cui tutti normalmente vanno a pranzo, mi sono sentito quasi in dovere di fermarmi
e fare quattro chiacchiere con questo giovane “militante di base”, all’inizio
del suo “cursus honorum”, la cui
presenza serve ai partiti non solo a fini organizzativi, ma anche e soprattutto
per mantenere vivo il senso di appartenenza e di identità
collettiva.
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