Cari amici de “l’inchiostro fresco”
Pubblichiamo qui di seguito una interessantissima e condivisibilissima nota che ci giunge dal nostro collaboratore, Stefano Rivara.
Stefano Rivara è laureato in Scienze Naturali e ha arricchito i suoi studi con una laurea in Scienze Politiche, quindi è la persona più che adatta per porsi il quesito che sta nel titolo di questo suo articolo: legalità e rivoluzione, un binomio che è tutto un conflitto.
La legalità è il rispetto delle leggi, la rivoluzione è il suo contrario.
Quando è legittimo fare la rivoluzione?
Se lo erano chiesto anche i Padri della Chiesa da San Tommaso d’Acquino in avanti e avevano convenuto che il tirannicidio non era da condannare quando il Re usurpava il potere, ovvero quando si poneva contro la legalità.
Ma lo diceva già Cicerone quando, difendendo la lex romana, in Senato diceva “facciamo la guerra contro cui nulla può la legge”.
Ora noi stiamo assistendo ad atti provenienti anche da alte cariche pubbliche o da politici, chiaramente “contra legem”.
È legittimo non condividere un provvedimento, ma non è legittimo non rispettarlo. Se lo si vuole cambiare o modificare la strada è quella della politica, non dell’atto rivoluzionario.
Perché se si vuole fare la Rivoluzione, ebbene la si faccia, ma la si faccia completamente. Altrimenti come scriveva lo storico tedesco (1900 – 1953) Karl Griewank nel suo manuale: “Il concetto di rivoluzione nell’età moderna”, si cade nella sommossa che è roba, più che da “illuminati”, da moti popolari, dove il bisogno immediato o particolare, prevale su una visione d’assieme di una nuova società.
Ma attenzione: le Rivoluzioni spesso generano mostri, come vedete nel filmato qui sotto.
Forse sarebbe meglio discutere e ragionare lasciando da parte protagonismi e demagogia. Ma bando alle chiacchiere, ecco qui sotto il bel pezzo di Stefano Rivara.
Gian Battista Cassulo
LEGALITA’ E RIVOLUZIONE.
Una riflessione sulla coerenza di alcune forze politiche
Quasi tutti i partiti e movimenti politici si dicono per la “legalità”. il che significa sostanzialmente rispettare tutte le leggi vigenti, ed agire per eventualmente cambiarle seguendo determinate regole e procedure, che in democrazia comportano l’esistenza di una maggioranza favorevole a questi cambiamenti.
Chi non accetta queste regole e si propone di cambiare le regole in maniera più immediata e veloce, eventualmente usando prove di forza, non si può definire legalitario ma rivoluzionario. Non stiamo qui a decidere quale opzione sia la migliore, ognuno avrà la sua idea.
Premesso ciò, alcuni fatti recenti di cronaca dimostrano che da parte di alcune forze politiche, prevalentemente di sinistra o centro-sinistra, vi sia un po’ di confusione tra i due aspetti non conciliabili.
Se si dice di essere per la legalità, ma si plaude all’eminente porporato che si cala in un tombino, viola i sigilli di un contatore, per riallacciare la corrente agli occupanti, abusivi, di un immobile; oppure si incoraggia e approva la capitana (l’ormai famosa Karola Rackete) di un’imbarcazione ONG a non rispettare gli ordini delle autorità competenti che le vietano uno sbarco, si entra nel campo di gesti, pur nel loro ambito limitato, “rivoluzionari” e non legalitari.
Si può essere d’accordo oppure no su questi comportamenti, ma certo non si può dire che siano ispirati al rispetto della legalità.
Non serve cercare scuse, arrampicandosi anche sugli specchi, per cercare di far rientrare nella legalità ciò che non lo è.
Ad esempio paragonare l’azione della nave ONG a quella dell’ambulanza che passa con il rosso: in quest’ultimo caso un ritardo di pochi minuti potrebbe essere fatale per la sopravvivenza del trasportato, mentre nel caso della nave in questione non vi era nessun pericolo imminente per i trasportati, visto che i malati erano già stati sbarcati e gli altri godevano comunque di tutta l’assistenza di base.
Una forza politica è libera di fare le sue scelte e decidere la linea politica da tenere.
Però, se poi non c’è coerenza in queste scelte, come dimostrano le considerazioni sopra espresse, i possibili elettori non possono che rimanere disorientati.
Chi scrive ritiene criticabilissime buona parte delle posizioni, specialmente in campo di politica economica e internazionale, dell’attuale partito con più consenso elettorale in Italia (dati delle ultime elezioni europee).
Ciononostante ritiene di dover dare atto a questo partito (la Lega) di esprimere una chiarezza e coerenza nella linea politica che alle altre forze politiche sembra stia mancando.
E probabilmente è una delle cause del loro declino.
Stefano Rivara
grazie delle belle parole di presentazione; preciso però di NON essere laureato in giurisprudenza, ma in Scienze Naturali prima e Scienze Politiche poi. Stefano Rivara.
Sono graditi altri interventi!