Pubblichiamo in anteprima l’Esternando della nostra Ester Matis che uscirà sul prossimo numero de l’inchiostro fresco. Parla del Coronavirus e vorremmo dedicarlo a tutti quei furbastri che sono scappati, alla faccia di ogni divieto, dalle zone inizialmente colpite da questo virus, aprendo le loro seconde case o in Trentino (cogliendo l’occasione per fare qualche sciatina e infettando anche un operatore degli skilift) o a godersi il sole in riviera, infestando tutto il savonese o a riempire i treni del Sud.
La redazione
C’è chi dice “vairus”!
In questi giorni di “restrizioni” anticoronavirus ne stiamo sentendo e vedendo di tutti i colori: tutto e il contrario di tutto, un’Italia allo sbaraglio, a cominciare da chi “comanda”.
Mentre l’epidemia dilaga (salutiamoci adesso perché del doman non v’è certezza... parlo per me, ovviamente), tutti son pronti a criticarsi, ognuno vuol saperla più lunga degli altri: e i negazionisti, e gli allarmisti, e il diavolo che se li porti!
In Inghilterra invece iniziano ora a vedersela col “VAIRUS” e il premier pare abbia intenzione di usare la strategia sanitaria delle vecchie nonne, che quando c’era un bambino con la pertosse o la parotite ci ficcavano insieme anche gli altri, così “la prendevano” e “si facevano gli anticorpi”.
In sostanza lui dice: moriranno tanti, ma svilupperemo l’immunità di gregge.
Della serie, come diceva una mia ava: “sa guma da murì, ch’j mörja”, tradotto: “se dobbiamo morire, che muoiano!”. Tante teste, tante idee. Se son contenti lui e gli inglesi, che facciano.
Certo che con questa flemma britannica sentirsi dire morirete. Eh, pazienza. Che sarà mai! non prelude ad un bello scenario. Ma noi in Italia siamo forse migliori?
Escludendo chi lotta negli ospedali per cercare di “curare” questi malati, un sacco di gente qua fuori se ne sbatte (4000 denunciati in un sol giorno per trasgressioni al decreto sono un esempio e la punta dell’iceberg), tanti personaggi, zitti, zitti e malati a casa con il “io speriamo che me la cavo“, altri impavidiscorrazzano in lungo e in largo, da amici e parenti e che il prossimo si arrangi.
Siamo peggio noi di Johnson. Almeno lui è stato schietto. Non vorrei dirlo (anzi sì), ma questa è la patria dei sotterfugi, del sottobosco, delle prese per i fondelli, dei furbetti, di quelli che “morte tua, vita mea”, inutili sventolatori di tricolori, propagatori di video strappalacrime e parole vuote, cantanti da balcone, i ce la faremo col didietro caldo in poltrona.
Invece di mettere il proprio io davanti a tutto, tanti dovrebbero ascoltare semmai gli sfoghi dei medici in corsia, quelli che intubano persone che fino a qualche giorno prima stavano benone, che chi muore lo guardano negli occhi, che si trovano a dover scegliere come in guerra chi salvare e chi lasciare.
Siamo tutti a rischio. Ci siamo dentro fino al collo.
BISOGNA STARE a CASA!
Ester Matis