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UNA RIFLESSIONE SULLA POLITICA OSPEDALIERA DI QUESTI ULTIMI ANNI

Cari lettori in questi ultimi anni abbiamo visto i nostri politici, impegnati, quasi come in una crociata, nella corsa alla chiusura dei piccoli ospedali.

Ovada, Acqui Terme, Tortona e anche Novi erano al centro di questo “cupio dissolvi” tra gli applausi generali dei saccenti, degli economisti di grido e degli intellettuali radical chic.

A livello locale chi non si ricorda delle battaglie che la nostra gente, e questo giornale con essa, ha sostenuto negli anni passati contro la Regione che voleva sopprimere ad esempio l’Ospedale di Ovada e quello di Tortona, mentre progressivamente stava sguarnendo quello di Acqui Terme, portandone la ginecologia a Novi?

Adesso con il coronavirus meno male che c’è l’Ospedale di Tortona diventato a livello provinciale un baluardo contro questo nuovo virus.

Ma se noi oggi siamo riusciti tutti insieme a salvare i nostri ospedali da una miope politica regionale degli anni passati che stava sguarnendo o aveva l’intenzione di sguarnire progressivamente il territorio dei suoi presidi sanitari più preziosi, più in generale cosa è successo negli anni passati nel nostro Paese?

Ce lo siamo chiesti qui in redazione anche sotto l’onda emozionale di quanto sta succedendo per il coronavirus e per i disperati appelli che si levano dal mondo tutto della sanità, che tutti insieme invocano posti letto!!!!

E così, ricordandoci del vecchio detto che “hitoria magistra vitae” siamo andati un po’ a ritroso nel tempo per vedere le strutture ospedaliere che i nostri vecchi ci hanno lascito in eredità e che noi non abbiamo saputo valorizzare.

Ma nel contempo abbiamo voluto anche rendere omaggio a quei politici locali che invece l’occhio lo hanno avuto davvero lungimirante.

Ecco dunque una nostra piccola ricerca sul “Forlanini” di Roma (ma avremmo potuto farla anche per l’ottocentesco ex manicomio di Genova Quarto) e un ricordo di un politico locale, Vincenzo Genocchio, che ad Ovada nel 1990 riuscì a realizzare un Ospedale oggi più utile che mai

Gian Battista Cassulo

Nella foto in alto l’Ospedale di Ovada e al centro una manifestazione per impedirne la chiusura


Vecchie strutture abbandonate tornano di attualità

I grandi ospedali come risposta alle grandi epidemie

Non si scopre certamente l’acqua calda quando si dice che alle grandi pestilenze che ciclicamente colpiscono l’umanità, i vari Stati e le varie comunità hanno attivato, nel bene o nel male, i loro presidi.

E così di fronte ai vari virus, che come gli eserciti delle cavallette si svegliano e si propagano per il mondo, se ai tempi di Gesù di Nazareth i lebbrosi venivano confinati nelle grotte e nel Seicento con la peste si allestirono i lazzaretti, negli anni Venti del secolo scorso, per combattere il mostro della tubercolosi, nel nostro Paese, su idea del prof. Eugenio Morelli, si pensò di creare per tutta la Penisola una rete di “sanatori”, ovvero di ospedali dedicati non solo all’isolamento ma anche alla cura e allo studio di quella malattia allora giudicata incurabile.

Il regime dell’epoca colse al volo quella proposta e, unendo capitali pubblici a stanziamenti statali, nel 1928 avviò a Roma la costruzione di un grande sanatorio: il “Forlanini”, così chiamato in omaggio al pavese Carlo Forlanini che nel 1882 aveva inventato il pneumatorace artificiale che contribuì alla guarigione di gran parte degli ammalati di tubercolosi.

Il “Forlanini” fu inaugurato il 17 aprile 1936 da Benito Mussolini alla presenza del Re, Vittorio Emanuele III, e poteva contare nei suoi diversi padiglioni immersi nel verde su 2.500 letti ed era praticamente una città nella città, con ampi viali alberati, dotato di chiese, campi da bocce, parrucchiere, cinema e teatro, una radio e con magazzini di stoccaggio, nonché autosufficiente sotto il profilo energetico.

All’interno di quella enorme struttura, dove ogni camera era dotata una accogliente veranda, oltre alla cura dei malati si procedeva alla ricerca scientifica, confortata dalle nuove scoperte sulle terapie antibatteriche a mezzo di sulfamidici grazie al tedesco Gerhard Domagk e sugli studi sulla penicillina eseguiti dallo scozzese Alexander Fleming.

La gestione del “Forlanini” venne assegnata all’INPS (Ente nato il 27 marzo 1933 come INFPS) che la mantenne sino al 1968, quando venne inglobato nel Servizio sanatorio nazionale, ma con il progressivo regredire della tubercolosi, il “Forlanini” poco a poco perse il suo ruolo tradizionale e nel 1971 fu “degradato” ad ospedale regionale per le malattie dell’apparato respiratorio.

Poi, con la nascita nel 1978 del Servizio sanitario Nazionale e delle Unità Sanitarie Locali, il “Forlanini” venne inserito nella USL Roma 16, e dal 1996 è stato accorpato all’Ospedale San Camillo, rimanendo in grande parte abbandonato. .

Oggi se ne risente il bisogno

Gian Battista Cassulo

Nella foto in alto il “Forlanini” ai tempi in cui era attivo, in quelle in basso come era e come è ora


Di noi alla fin, fine resta solo il ricordo di ciò che abbiamo saputo fare ed è bene ricordarlo

Vincenzo Genocchio, una vita dedicata alla politica

Vincenzo Genocchio è un figlio del dopoguerra, nasce infatti ad Ovada il 1° luglio 1945, ultimo nato di tre fratelli di cui ancora in vita il secondogenito Luciano noto e stimato medico responsabile del laboratorio analisi dell’ospedale ovadese.

Vincenzo giovanissimo laureato in lettere e filosofia vince il concorso per insegnante presso la scuola pubblica che lo vedrà occupare nel tempo cattedre nella scuola media inferiore e superiore nella città di Ovada per arrivare poi a vincere il concorso da Preside, ruolo che ricoprirà nella scuola media inferiore prima a Predosa, Castelletto d’Orba poi ad Ovada ed infine nel liceo scientifico Amaldi di Novi Ligure.

Ma un’altra passione lo coinvolgerà per tutta la sua breve ma intensa vita e cioè la politica e l’amministrazione pubblica.

Infatti Enzino (questo è stato il suo sopranome per tutti gli amici) si iscrive al Partito Socialista Italiano ed in breve diventa la persona di riferimento per tutto l’ovadese.

Di ideale riformista fa parte della corrente rappresentata dall’avvocato Claudio Simonelli di Alessandria e da Bettino Craxi in campo nazionale.

Candidatosi al Consiglio Comunale di Ovada negli anni ‘70 viene eletto con il maggior numero di preferenze diventando nel successivo mandato Vice sindaco della città.

Lascia poi il Consiglio Comunale per assumere il ruolo di Presidente della U.S.S.L 74 Ovadese dove raggiungerà il massimo risultato di amministratore pubblico, la realizzazione del nuovo Ospedale.

Questa è stata il “fiore all’occhiello” della sua attività amministrativa. Fortemente voluta ha saputo imporre le esigenze dell’ovadese all’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte combattendo faticosi contrasti contro la realtà di una Torino accentratrice e seguendo personalmente lo svolgersi dei lavori di costruzione giorno dopo giorno, superando indenne anche ingiustificati eventi giudiziari che ne avevano messo in discussione la sua integrità morale, che a detta di tutti quelli che avevano avuto la fortuna di frequentarlo era un punto fermo della sua attività politica ed amministrativa.

Assume anche importanti ruoli regionali sia di partito che di pubblica amministrazione dove si contraddistingue per le sue grandi capacità manageriali.

Dopo le vicissitudini giudiziali del partito socialista si iscrive a Forza Italia e già minato da una grave malattia partecipa quale candidato alle elezioni provinciali dando dimostrazione di grande forza morale.

Il 10 dicembre 2004 muore a soli 59 anni lasciando la moglie Simona, che purtroppo lo raggiungerà in breve tempo, ed il figlio Marcello già affermato calciatore prima delle giovanili dell’Inter poi dell’Alessandria.

Pier Sandro Cassulo

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