Da un nostro lettore di Varazze riceviamo e molto ben volentieri pubblichiamo
“Tre giorni fa ti ho scritto, ma non mi hai ancora risposto. Non insisto, la preoccupazione c’è perché so che sei stato in prima linea in Ospedale. Come ben sai, essendo tu ragazzo di mondo, anche se più giovane di me di un solo giorno, in questo periodo abbiamo forzatamente abbandonato tutti i discorsi di saggezza.
Mi chiedo comunque se questi discorsi li abbiamo mai fatti, cioè se siamo davvero stati saggi anche per un secondo. Ridiamo spesso su questa cosa, lo sai. E spesso facciamo il discorso che ogni generazione è chiamata a fare il proprio dovere.
Noi ci siamo trovati dentro al dovere, ma non abbiamo mai esibito questa cosa. Tu specialmente, hai raccolto la memoria di molte storie del mio paese e le hai messe nero su bianco.
Anni di ricordi su un libro. L’ultimo messaggio mi hai chiesto come ho affrontato io una malattia, ed io, per istinto, ti ho risposto: con l’immaginazione e la fantasia. Però via telefono non sono riuscito a finire il discorso.
Quello che volevo dirti è che questo momento si tratta solo di una interruzione, come accade quando non trovi stazione alla radio o in musica quando c’è una pausa, come accade nella vita con una malattia, come durante una passeggiata quell’ultima volta che siamo andati sul Monte Avzé e al Colle di Bergnùn ci si ferma un attimo perché si suda, allora ci si copre, si mangia qualcosa e si riparte, o come quando si (r)incontra un amico dopo qualche decennio in un giorno di pioggia e ci si (ri)conosce, o come tra le parole scritte che perdono di senso senza spazi bianchi, appunto.
Credimi, è solo un’interruzione questa, e in questa interruzione l’immaginazione ci ricorda i nostri luoghi, gli alberi che (ri)conosciamo, l’odore della nebbia, le voci degli altri. Non andrebbe bene ricordare i monti attraverso una fotografia.
Si sa, che una fotografia, ferma il tempo, mentre noi – in questa interruzione – vogliamo sricordare più particolari possibili e così esser certi che i luoghi esistano ancora anche se non possiamo guardarli. Oggi siamo in giro a piedi, senza meta e senza orario e dobbiamo scegliere il percorso in base a quello che vediamo e non a quello che sappiamo.
Stiamo vedendo ogni cosa come la prima volta. Sul monte Avzé, a ridosso del Parco del Beigua, quando mi hai portato l’ultima volta, nella cassetta di metallo ho lasciato anche io un biglietto con su scritto “a dopo”.
Luca
Varazze,17 marzo 2020.