Ormai nelle nostre città, paesi, borghi, si vede ben poca gente in giro. Nelle grandi città è ancora difficile riscontrare il distanziamento sociale richiesto dall’attuale emergenza. Nelle zone meno densamente abitate, risulta più agevole.
Tuttavia, anche nella difficoltà di un periodo problematico come non mai, si riscontrano degli eccessi, che ci preoccupano dal punto di vista sociale.
Una madre che accompagnava per strada il figlio disabile, si è vista insultare dalle finestre di un palazzo adiacente.
Qualche esercente di autogrill, che mantiene l’esercizio aperto come previsto dagli attuali decreti, è subissato da insulti, sui social, perché i bar sono costretti a restare chiusi. In realtà gli autogrill consentono un minimo di ristoro agli autotrasportatori che devono ben viaggiare, se si vuole che negozi e attività sanitarie e di sicurezza continuino a essere riforniti dei generi essenziali. O si preferisce il blocco dei trasporti e la penuria di tutti i beni?
Gli zelanti difensori della salute si scagliano contro podisti e altri sportivi che svolgono attività motoria all’aperto, senza distinguere chi lo fa da solo rispettando le distanze interpersonali da chi invece, colpevolmente, provoca gli assembramenti di persone che sarebbero assolutamente da evitare. Un telegiornale, il discutibile TG4, ne ha pure creato una rubrica fissa. Nonostante che, come raccomandato da molti medici, l’attività motoria favorisce un buono stato di salute, quindi rafforza le difese immunitarie, più che mai necessarie in questo momento.
Sia chiaro, le prescrizioni per il contenimento della pandemia in corso devono essere rispettate. Ma è triste che certo giornalismo debba per forza trovare polemiche ad ogni costo, alimentando paure e tensioni sociali.
Politici di varie estrazioni approfittano della crisi per fomentare odio, come prima, più di prima, contro qualcuno che non pare abbastanza patriottico: i partiti avversari, l’Europa, la Cina. Regioni contro governo o viceversa, esperti d’arte contro virologi, giornalisti contro amministratori, filosofi contro giornalisti. Alcuni odiano i cinesi perché il virus è partito da lì; altri li lodano perché avrebbero dimostrato più solidarietà rispetto ai “cattivi” europei, altro capro espiatorio di un malessere che ha lontane origini. La virologa che pochi giorni prima aveva polemizzato con i suoi colleghi, dicendo che ci troviamo di fronte a una banale influenza, pur smentita dai fatti continua a essere invitata nei salotti televisivi e pubblicizzare il suo libro.
Per non parlare delle varie bufale, che inventano i più improbabili complotti e trovano largo credito sui social.
Dai tempi della peste del Manzoni non è cambiato nulla: il male è sempre colpa di qualcun altro, che appare un po’ diverso da noi.
In realtà la natura è così. Ogni essere vivente cerca di conquistarsi spazio e moltiplicarsi a scapito di altri, mangiandoli o parassitandoli o sfruttandoli o togliendogli spazio vitale. Che in fondo è ciò che ha sempre fatto anche l’umanità.
Si passa da un eccesso all’altro. Dopo decenni di lassismo, buonismo, perdonismo, che ha tollerato largamente l’evasione fiscale, e punito con estrema leggerezza, o per nulla, corruzione e imbrogli (tutte cose che se fossero state meglio represse avrebbero permesso di mantenere molte più risorse per la sanità); dopo che si è tollerata ogni forma di indisciplina, a cominciare dalla scuola, ora si vogliono provvedimenti duri e drastici; al di là di effettive valutazioni razionali sulla loro opportunità.
Ad esempio, qualcuno vuole comprimere l’orario degli esercizi commerciali: col risultato che in questo modo chi deve fare la spesa si concentra in un tempo più ristretto, aumentando gli assembramenti.
Tra sindaci che si fanno filmare mentre redarguiscono personalmente i frequentatori di aree verdi, governatori che vorrebbero il lanciafiamme contro gli studenti che vogliono fare una festa, anche normali cittadini che si sentono in diritto o dovere di apostrofare i passanti per strada senza sapere che potrebbero essere persone che si spostano per necessità o lavoro, stanno emergendo troppi atteggiamenti da sceriffo.
Come diceva qualcuno, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
Gli eccessi di zelo possono fare più danni della sua mancanza.
Si stanno limitando o abolendo del tutto diritti costituzionali fondamentali, come la libertà di movimento o di riunione. Senza parlare delle libertà politiche o sindacali, essendo inevitabile che non si possa più organizzare un corteo o una manifestazione di piazza. Restrizioni così forti non si sono viste neppure in tempo di guerra, quando al limite c’era il coprifuoco notturno. E’ vero che è necessario. Ma quanto può durare questo? Soprattutto, non vorremmo che qualcuno ci prendesse gusto.
Come scrive Myamoto Musashi, “Nell’elaborare una strategia è importante riuscire a vedere le cose che sono ancora distanti come se fossero vicine e avere una visione distaccata delle cose che, invece, sono più prossime”. In altre parole, per agire con mente lucida bisogna osservare con distaccato raziocinio il pericolo incombente, ma preoccuparsi anche di ciò che viene dopo.
Perché un dopo ci sarà sempre.
Stefano Rivara
Sono completamente d’accordo con l’articolo. Certo, in una situazione di emergenza limitare la libertà di movimento per aumentare il diritto alla salute è lecito. D’altronde, la capacità di seguire semplici regole non è da tutti e si è costretti a generalizzare provvedimenti drastici per colpa di una minoranza ( …o sono ottimista a pensare che sia una minoranza?) Quel che sorprende è una sensazione di scarsa organizzazione, nonostante fosse prevedibile l’arrivo del virus in Europa.
Buona giornata a tutti.
Giuseppe