CARI AMICI DE “L’INCHIOSTRO FRESCO” CONTINUIAMO A PUBBLICARE A PUNTATE IL CICLO D’INCONTRI CHE ABBIAMO PENSATO DI PROPORRE VIA INTERNET AGLI ALUNNI DELL CLASSI QUINTE DELLE SCUOLE PRIMARIE. POTRESTE FARMI SAPERE SE RISULTA CHIARA E COMPRENSIBILE LA SPIEGAZIONE? A TUTTI UN CORDIALE SALUTO DA GB CASSULO ED ECCO LA REGISTRAZIONE DEL SECONDO INCONTRO
IL NOSTRO PIANETA E LE SCOPERTE GEOGRAFICHE
La Terra è piatta o è rotonda?
In un tempo molto antico si credeva che la terra fosse piatta e circondata dall’oceano.
I cinesi pensavano che attorno ad essa i cieli formassero una bolla come quelle di sapone e rimasero fedeli a tale credenza sino a quando nel XVII secolo il gesuita Matteo Ricci, giunto là come missionario, parlò di sfericità della terra.
Il mondo antico infatti considerava la terra come un piatto circondato dall’oceano con l’universo che girava attorno ad essa.
Gli antichi egizi ad esempio credevano che il sole si muovesse a bordo di una barca, la “barca del Sole” che partiva all’alba per navigare verso il tramonto.
Gli indù immaginavano una terra divisa in quattro continenti disposti come petali di fiori attorno l’altissimo monte Meru, che fungeva da pistillo.
Anche nel mondo classico dei greci l’idea era quella di una terra piatta galleggiante negli oceani e sostenuta da Atlante (una figura mitologica) o da misteriose colonne, passate le quali c’era l’ignoto: le Colonne d’Ercole.
Ma qualcuno iniziava a porsi interrogativi su come effettivamente la terra potesse sostenersi da sola e così Anassimandro pensò che sotto la terra ce ne fosse un’altra dove la gente viveva con la testa all’in giù.
La Terra è rotonda
Nella Magna Grecia c’era però chi iniziava a dubitare dell’idea di una terra piatta.
Sembra sia stato Pitagora (570 a.C. – 495 a.C.) a pensare, tra i primi, alla sfericità della terra e dopo di lui anche Platone (427 a.C. – 347 a.C.), prima, Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.), dopo, e poi Eratostene (276 a.C. – 194 a.C.)si accorsero che la terra non poteva essere piatta, perché come aveva osservato Aristotele, le stelle non restano allo sguardo alla stessa altezza: camminando verso sud esse si alzano perché cambia la prospettiva dalla quale si guardano e questo vuol dire che non ci si muove su un piano piatto, ma su una superficie convessa. La discussione sull’aspetto della terra continuò per molto tempo ancora sino a quando, nel secondo secolo dopo Cristo, l’astrologo e matematico che visse ad Alessandria d’Egitto, Tolomeo (100 d.C. – 178 d.C.), nel redigere le carte geografiche dell’epoca, certificò la sfericità della terra notando che, navigando verso la costa, le montagne appaiono all’occhio del navigante come se emergessero dal mare, cosa che non potrebbe accadere se la terra fosse piatta.
In tutti gli studiosi dell’epoca continuava però a permanere l’idea che la terra fosse al centro del creato con il sole che girava attorno ad essa. Solo nel Cinquecento, con Niccolò Copernico (1473 – 1543), si capì che la terra girava attorno al sole, ma bisognerà attendere gli inizi del Seicento quando Galileo Galilei (1564 – 1642) dimostrerà, mettendosi contro la Chiesa, che la teoria copernicana era giusta.
Le grandi esplorazioni
Questa evoluzione del pensiero umano fu anche favorita dai grandi viaggi che uomini coraggiosi intrapresero nel corso dei secoli, per conoscere meglio la terra sulla quale vivevano. Erano viandanti, pellegrini, commercianti e conquistatori.
Sono tanti ma vediamone solo alcuni, quelli che più di ogni altro hanno segnato la nostra storia.
La via della seta e la scoperta dell’America
L’estremo oriente ha sempre affascinato gli europei e anche qualcuno delle nostre parti andò, nel ‘300, alla sua scoperta, come Andalò di Savignone, e così fecero molti altri europei, ma il più famoso di tutti fu il veneziano Marco Polo che tra il 1271 e il 1295 si avventurò in un lungo viaggio attraverso tutta l’Asia per giungere nel Catai, l’attuale Cina, dove rimase al servizio del Gran Khan Kublai, ricevendo cariche ed onori. Marco Polo rese celebre la “Via della seta” e la sua fama è legata alla pubblicazione delle sue memorie raccolte in un volume, “Il Milione”, che dettò a Rustichello da Pisa durante la sua detenzione nelle galere genovesi (1298).
Grazie a Marco Polo e poi al gesuita Matteo Ricci, che alcuni secoli dopo, nel Seicento, fu ammesso alla corte dell’Imperatore, i rapporti tra Oriente e Occidente si consolidarono e, in Europa, oltre alla seta, arrivarono anche nuove abitudini come ad esempio l’uso a tavola della forchetta, che comunque era già conosciuta nel mondo bizantino.
L’idea di andare verso Oriente, alla scoperta di cose nuove, era per le popolazioni del Mediterraneo un’aspirazione molto antica. Infatti già circa trecento anni prima della nascita di Cristo, Alessandro Magno (356 a.C. – 323 a.C.) a cavallo del suo indomito Bucefalo aveva iniziato una grande guerra di conquista che dalla Macedonia, sua terra natale, lo aveva portato sin quasi in India, trovando anche il tempo di fondare alla foce del Nilo, nel 332 a. C., la città di Alessandria.
Non tutti però vedevano nell’Oriente una terra di conquista o un punto di riferimento. Altri, infatti, come ad esempio i greci e i fenici preferirono colonizzare il Mediterraneo e gli antichi romani attorno ad esso, il “mare nostrum”, costruirono un impero, rimanendone padroni per secoli, non dopo, però, aver combattuto a lungo con Annibale (247 a.C. – 183 a.C.), che da Cartagine (l’attuale Tunisi), sulle coste dell’Africa, oscurava la grandezza di Roma.
Ma se chi voleva andare ad Oriente, dirigeva i suoi passi là dove sorge il sole, nel 1492 un altro indomito esploratore, questa volta un navigante, Cristoforo Colombo (1451 – 1506), in considerazione della sfericità della terra, pensò bene di arrivare nelle lontane indie navigando verso Occidente, ovvero seguendo il corso del sole, perché a quei tempi, come abbiamo visto prima, si credeva che a muoversi attorno alla terra fosse il sole.
E così al comando di una flotta composta dalle tre caravelle, la Niña, la Pinta e la Santa Maria, messe in mare per intercessione della Regina Isabella di Castiglia (1451 – 1504) e grazie al finanziamento di alcuni banchieri, Cristoforo Colombo superò le Colonne d’Ercole e dopo un lungo viaggio, quando già il morale della sua ciurma era ai limiti della sopportazione, al grido di “Terra in vista” gettò, il 12 ottobre 1492, l’ancora al largo dei Caraibi.
Colombo pensava di essere giunto nelle Indie mentre invece era approdato su un nuovo continente: l’America, che stava lì, tra l’Europa e l’Asia, da tempo immemorabile. Un continente ancora sconosciuto e sul quale forse i Vichinghi, un popolo guerriero del Nord Europa, avevano già messo piede.
E l’America fu così chiamata in omaggio ad un altro navigatore italiano, Amerigo Vespucci (1454 – 1512), che nel 1497, riattraversando l’oceano, toccando terra, capì che lì non si era nelle Indie ma su un nuovo continente carico di grandi ricchezze e abitato, come si scoprirà in seguito, da popoli diversi, alcuni dei quali vivevano nella paura degli eventi naturali e che sacrificavano vite umane alle loro divinità per tenersele buone, mentre altri popoli vivevano nella libertà delle loro immense praterie.
I primi popoli erano quelli del Centro America e dell’America del sud, gli Aztechi e gli Incas, mentre i secondi, nell’America del Nord, erano i Pellerossa.
Gian Battista Cassulo