Continuano fino al 3 maggio le restrizioni stabilite dal governo per l’emergenza Covid-19. Con alcune piccole concessioni, almeno in teoria. L’ultimo decreto governativo ha infatti leggermente allargato l’elenco di esercizi e attività che possono rimanere aperte. Tra queste: le librerie. Anche in risposta alle tante polemiche che aveva suscitato il fatto che dovessero rimanere aperte le tabaccherie e chiuse le librerie. (Il vizio di leggere considerato più pericoloso di quello di fumare: questa sarebbe piaciuta a Orwell).
Ma solo in teoria, dicevo. Infatti alcune Regioni, in particolare Piemonte e Lombardia, hanno stabilito che devono continuare le restrizioni precedenti. Quindi librerie ancora chiuse in Piemonte. Viceversa, possibilmente aperte in Liguria.
A questo punto sorge spontanea la domanda: ma chi comanda in Italia?
E potrebbe sorgere spontanea anche una battuta: forse qualcuno ha paura che se la gente si mettesse a leggere, informarsi e magari studiare di più, tanti di quelli che comandano non sarebbero mai più eletti. Ma è solo una battuta, ci mancherebbe.
Che poi si scopre che sono molti degli stessi librai a non voler riaprire. Dalle loro dichiarazioni, si viene a sapere (vedasi ad esempio articolo di B. D’Oria su La Stampa del 12 aprile, pag. 13) “ci è stato comunicato a ridosso, come facciamo a sanificare i locali?” (non è che ci vogliano tre settimane per sanificare – n.d.r.); “se dovessi riaprire l’aiuto dello Stato non ci sarebbe più, non me la sento di fare un gesto simbolico”. Ah, ecco, l’aiuto dello Stato. Certo, è lodevole e necessario che lo Stato aiuti chi è in difficoltà. Ma se si pensa di continuare con i sussidi, sperando magari che Europa o russi o cinesi ci regalino qualcosa in maniera disinteressata, forse non si è esattamente sulla buona strada.
Così, almeno per ora, riscuotono popolarità tanti nuovi sceriffi, sindaci, governatori e altri comandanti, che si atteggiano a severi e drastici censori che fanno a gara per mostrarsi i più duri e decisi. Gli italiani sono notoriamente, in maggioranza, un popolo insofferente alle regole, e poi invocano l’uomo forte che le faccia rispettare (soprattutto agli altri).
Continuiamo perciò con queste severe forme di isolamento, che paiono riscuotere grande consenso a parole ma non sempre un completo rispetto da parte di tutti. Anche perchè non è del tutto chiaro se questa strategia sia così indovinata. Sembrano degne di considerazione le parole di Riccardo Manzotti, professore di filosofia alla IULM di Milano: “Privo di ogni motivazione logica diretta, ma legato in modo indiretto con il contenimento del contagio, il fatto di stare a casa si è rapidamente trasformato in un atto scaramantico, dotato della forza irrazionale di ogni superstizione. Ovviamente sappiamo tutti le motivazioni del principio di stare a casa, evitare i contatti umani ravvicinati che consentono la trasmissione del virus. Ma stare a casa è una approssimazione molto grossolana del vero codice di comportamento che sarebbe, appunto, #iostoatremetri. In realtà, stare a casa è una condizione né necessaria né sufficiente per garantire di evitare il contagio attraverso contatti umani ravvicinati. Io posso stare a casa, ma siccome devo fare la spesa o ricevere gli acquisti, alla fine ho comunque contatti umani. Viceversa io posso non stare a casa e girare per luoghi isolati e non contagerei nessuno. (…) Ma la cosa grave non è tanto lo spreco di risorse (comunque non indifferente), ma la rottura del patto di ragione tra stato e cittadino. (…) l’esercizio del potere e delle leggi è fatto in modo che sia razionalmente giustificabile con i cittadini. Si tratta di un processo per approssimazione, ovviamente, ci possono essere errori di ogni tipo, ma, almeno in principio, ogni legge dovrebbe poter essere giustificata razionalmente a chi è chiamato a rispettarla e seguirla. Altrimenti non è più uno stato di diritto, ma un regime fondamentalista e totalitario basato sull’arbitrio (dei tanti e poi dei pochi) e sulla paura. Il fatto che, in questi giorni di crisi e di paura, in pochissimo tempo si sia rinunciato al patto di ragione, sia da parte di chi governa (per fretta, urgenza, approssimazione) sia da parte di chi è governato (per paura, ignoranza, volontà di affidarsi a una autorità, appartenenza a un gruppo), è molto preoccupante. Dimostra quanto sia fragile lo stato di diritto e quanto l’obbedienza alle leggi non sia l’espressione di una comunità di persone libere, ma la sottomissione tribale a un potere che ti metta al sicuro .Altrimenti, il potere ti chiede di seguire delle regole, non perché ci siano motivi precisi per farlo, ma perché così si vincerà tutti insieme e se non lo fai sei un traditore (…). Per chi volesse leggere l’intero articolo, questo è il link https://www.riccardomanzotti.com/iostoacasa-un-caso-di-superstizione/
Forse,anche la comunità scientifica, fidandosi poco del senso di responsabilità dei cittadini preferisce la soluzione drastica e concettualmente semplice del “iorestoacasa” rispetto a prescrizioni maggiormente articolate che richiederebbero più applicazione. E qui ci si riavvicina al discorso di quanto sarebbe necessario un miglior livello culturale generale.
Tornando alle librerie, continua la sottostima sull’utilità della cultura. Di riaprire le biblioteche, anche solo lasciando entrare poche persone per volta, non se ne parla nemmeno. Ricordiamo ancora un noto ministro dell’Economia di una decina di anni fa, ancora oggi stimato opinionista, che diceva che “la cultura non si mangia”. In risposta,citiamo l’appello dei giorni scorsi dello scrittore Stefano Massini: “mai come adesso l’arte, la cultura, la bellezza sono state minimizzate e retrocesse a categorie inutili, la cui ripresa lontana nel tempo non è fra le priorità. Eppure non solo muove centinaia di migliaia di posti di lavoro, ma è parte stessa del nostro DNA di italiani: la ripartenza, qualunque essa sia, non può prescindere dalla musica, dal teatro, dal cinema, dai libri. Da tutto ciò che si traduce in ricordi e quindi in vita”
Stefano Rivara
L’immagine di copertina è “Now And Then” di P.J. CROOK