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La filiera alimentare della provincia alle prese con la pandemia: pandemia nuova vecchi problemi

Non è il benessere né lo splendore, ma la tranquillità e il lavoro, che danno la felicità” amava recitare con fare paterno il terzo presidente degli Stati Uniti, Thomas Jefferson; ma ora più che mai questa frase può gettare nello sconforto molte persone.

Già, perché alcune categorie di lavoratori sin dall’inizio della pandemia hanno visto a rischio il proprio lavoro e con esso compromessa gravemente la loro tranquillità. Da subito infatti si è iniziato ad etichettare l’imponente classe lavoratrice, suddividendola in comparti “essenziali” e “non essenziali”, con conseguenti problemi di sorta.

Abbiamo sentito Tiziano Crocco, segretario per la provincia di Alessandria della UILA (Ndr.: sindacato UIL agroalimentare) e ci siamo concentrati su uno dei comparti ritenuti “essenziali”, quello alimentare, e abbiamo cercato di capire quali siano i problemi per i tanti lavoratori coinvolti e per le aziende della nostra zona in questa filiera.

Crocco, in primis, come è stata gestita la sicurezza dei lavoratori nel comparto?

Direi tutto sommato bene. Per quanto riguarda le grandi realtà industriali si è discusso sulla gestione degli spazi comuni come le mense e spogliatoi per assicurare la distanza minima tra i lavoratori. Poi si è concordata la distribuzione negli stabilimenti dei dispositivi di protezione individuale come guanti, mascherine e disinfettanti per le mani e la sanificazione frequente degli ambienti di lavoro.

Per quanto riguarda le piccole aziende?

La situazione è diversa. Purtroppo molte rimangono chiuse soffrendo la mancanza di manodopera. Soprattutto per il settore vitivinicolo e le aziende agricole che si occupano di produzione di ortaggi e frutta. Molti lavoratori di questo settore che operano nella nostra zona sono infatti stranieri e provengono principalmente da Marocco, Senegal, Macedonia e Romania. Purtroppo con la pandemia in atto non hanno potuto raggiungere l’Italia perciò si è andato a creare un notevole disagio.

Certo. Cos’altro, oltre alle chiusure forzate ha portato disagio nella filiera alimentare?

“Sicuramente il calo della domanda. Le persone muovendosi meno hanno consumato meno cibo in generale, poi la chiusura forzata di alcune branche del settore come la ristorazione ha fatto il resto. Si è anche registrata una diminuzione dei consumi di certi alimenti pronti perché sostituiti sulle tavole con cibi preparati a casa, complice il molto tempo libero delle persone. Questo ha portato ad un calo specifico di produzioni lamentato soprattutto nelle aziende dolciarie.

In conclusione, parliamo dell’aspetto economico: quanto pesa questa pandemia sulle tasche dei lavoratori e delle aziende?

Abbastanza direi. Per le aziende molto indistintamente. Per i lavoratori, anche qui, bisogna purtroppo fare una distinzione tra chi è impiegato in una grande e strutturata organizzazione e chi in una piccola azienda. I primi hanno sicuramente meno problemi basta solo pensare al fatto che le grandi aziende anticipano i soldi della cassa integrazione senza perciò creare scompensi nelle retribuzioni dei lavoratori. Mentre nelle piccole organizzazioni questo molto spesso non è possibile perché non hanno liquidità a sufficienza per farlo perciò ci si ritrova di fronte a lavoratori che devono attendere i tempi tecnici degli ammortizzatori sociali. E la burocrazia non agevola molto i processi.

Dopo aver sentito Tiziano Crocco, segretario UILA per la provincia di Alessandria abbiamo avuto la conferma che, nonostante il comparto alimentare sia tra quelli meno colpiti da questa epidemia, una certa sofferenza sia arrivata anche lì. E poi salta all’occhio inesorabilmente la differenza tra grandi e piccole aziende, dove spesso, queste ultime rischiano molto di più per la loro sopravvivenza per via di una mancanza di ammortizzatori sociali ad esse specificatamente dedicati.

Insomma la pandemia è nuova ma i problemi messi a nudo spesso sono vecchi.

Fausto Cavo

In alto: Tiziano Crocco (a destra) mentre discute con il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e il Sindaco di Novi Ligure, Gian Paolo Cabella

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