Ma guarda un po’ se un cultore del liberalismo alla J.S. Mill e più vicino a noi del socialismo liberale alla fratelli Rosselli, debba ora trovarsi d’accordo con chi sventola la bandiera rossa, eppure è così!!!!
Cos’altro dire infatti, soprattutto in tempi da coronavirus quali quelli attuali, di fronte ad un cartello che recita: “Prima il popolo non i profitti”, se non: “Giusto, anzi giustissimo”?
Eppure sappiamo tutti che non sarà così. Prima verranno i profitti, anzi il grande capitale già si sta preparando a raccogliere i frutti post pandemia.
In base al Decreto Liquidità, le imprese potranno richiedere l’apertura di linee di credito garantite dallo Stato pari al 25% del loro fatturato consolidato.
E sapete chi è una delle prime industrie che ha avanzato richiesta per avvalersi di questo provvedimento, chiedendo un prestito di 6,3 miliardi di euro ad Intesa San Paolo garantito dalla SACE, che è una Società per azioni facente capo alla Cassa Depositi e Prestiti, e cioè alla Stato?
La FCA (acronimo di Fiat Chrysler Automobiles), ovvero l’ex FIAT di agnellana memoria, ora azienda italo americana con sede legale ad Amsterdam in Olanda e domicilio fiscale a Londra nel Regno Unito, quotata in borsa a New York e Parigi, con quotazione secondaria a Milano.
Sì proprio lei, l’antesignana della globalizzazione mondiale che negli anni Settanta portò la produzione del 124 e della 125 a Toglittigrad per fare la Zhigulì, sbilanciando pericolosamente la produzione degli stabilimenti torinesi e negli anni Ottanta la produzione della 126, “la piccina”, in Polonia, dove la Fiat era già presente sin dagli anni Trenta, creando problemi allo stabilimento di Pomigliano d’Arco.
E i rulli di tamburo in soccorso di FCA già iniziano a far rumore perché su La Stampa di oggi si legge a pag. 17 che questo prestito riconoscerebbe al settore automobilistico italiano, di cui, cito le testuali parole, ”FCA, insieme ai fornitori e ai partener è il fulcro”, il primato nella ripartenza del sistema industriale del Paese.
È la solita storia insomma, la storia del ricatto per il quale la questione suona così: “Dateci i soldi o sbattiamo sul lastrico i lavoratori, tanto noi possiamo portare la produzione dove meglio ci pare e le tasse le paghiamo dove vogliamo noi, ovvero dove ci conviene di più”.
E d’altro canto cosa si potrebbe dire di fronte a questa globalizzazione che ha globalizzato solo l’economia e la finanza ma non i diritti e tanto meno i doveri?
Forse non avevano torto quelli del Genoa Social Forum quando a Genova erano scesi in piazza nel 2001 contro il G8, ma ormai è troppo tardi.
Vedremo comunque tra non molto di che pasta è fatto questo governo: aiuterà prima i “poveri cristi”, ovvero la grande platea delle formichine, oppure sarà al servizio del grande capitale che guarda solo al suo profitto?
Vedremo, a meno che questa pandemia non faccia veramente piazza pulita di questa società così sbilanciata, dove la cultura politica si è trasformata in un continuo talk show!
Ma ecco qui di seguito il documento giunto in redazione da “Potere al popolo”.
Gian Battista Cassulo
NON SARÀ IL POPOLO A PAGARE QUESTA CRISI!
Il governo ha avviato la fase 2 con il decreto Rilancio, ma in questo provvedimento le misure per i lavoratori sono assolutamente insufficienti ad affrontare una crisi strutturale che riguarda l’occupazione e il livello dei salari.
Migliaia di lavoratori sono ancora in attesa della cassa integrazione e nel frattempo devono far fronte a bollette, affitti da pagare e spese fisse in generale. Partite IVA e piccoli commercianti dovranno chiudere a causa di un calo della domanda senza precedenti.
Siamo di fronte ad una crisi sociale epocale ma sembra che il governo e la classe politica locale siano più interessati a lanciare proclami mediatici, non rendendosi conto del fallimento di sistema.
Per una crisi di questa portata servono risposte di pari livello, a partire dal rimettere al centro i bisogni di chi davvero produce la ricchezza di questo paese, cioè lavoratori e lavoratrici.
Solo con una pianificazione dell’economia che tenga conto degli interessi delle classi popolari e della salvaguardia dell’ambiente si potranno intravedere degli spiragli di uscita.
Tutela dell’occupazione e dei diritti, reddito di emergenza e nazionalizzazione dei settori strategici sono le condizioni di base per non condurre nel baratro milioni di persone.
Oggi siamo di fronte ad un bivio, o il popolo o i profitti: per decenni ci hanno ripetuto che contano solo i secondi, non possiamo più permetterlo.
Potere al Popolo – Genova 15 maggio 2020