Ovvero una breve storia della Legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001
La legge di revisione costituzionale del Titolo V della Costituzione (Ndr.: il Titolo V regola la vita di regioni, province e comuni) fu approvata nel 2001 dalla Camera il 28 febbraio e l’8 marzo dal Senato con i soli voti del centrosinistra, mentre il centrodestra non partecipò al voto in entrambi i casi in segno di protesta perché riteneva scorretto l’aver posto in discussione una riforma di tale spessore nell’ultimo scorcio di legislatura e farla approvare da un Parlamento ormai al termine del suo mandato (Ndr.: la XIII Legislatura era iniziata il 9 maggio 1996 e era terminata il 29 maggio 2001).
Il dibattito politico si era dipanato sotto il Governo D’Alema (dal 1998 al 2000) e poi sotto il Governo Amato (dal 2000 al 2001) che, appunto sul finire della XIII Legislatura, approvò la legge di riforma costituzionale.
Il Referendum confermativo, non avendo raggiunto il quorum dei due terzi richiesto dall’art. 118 della Costituzione, su richiesta dai rappresentanti di entrambi gli schieramenti politici si svolse il 7 ottobre 2001, quando in carica era subentrato dall’11 giugno 2001 il Governo Berlusconi (secondo Governo Berlusconi dal 2001 al 2005).
Vinsero i Sì, con il 64,2 % (per un totale di 10.438.419 voti). Il No ottenne il 35,8 % (5.819.187 voti).
L’affluenza alle urne fu del 34 %. Una ristretta minoranza di cittadini decretò dunque la definitiva approvazione della modifica più ampia e rilevante che la Costituzione italiana abbia mai subito dal giorno della sua entrata in vigore ad oggi.
La legge costituzionale di riforma al Titolo V della Costituzione fu così pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 24 ottobre 2001 come Legge costituzionale 18 ottobre, n. 3 e promulgata dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (in carica dal 1999 al 2006).
Successivamente con il Disegno di legge presentato nell’agosto del 2013 da Graziano Delrio, in veste di Ministro per gli Affari regionali nel Governo Letta, (Ndr.: il Ddl passò alla Camera il 26 marzo e al Senato – con qualche difficoltà – il 2 aprile 2013), viene definitivamente approvato dalla Camera dei deputati il 3 aprile 2014 del corso della XVII legislatura (Delrio, Sotto segretario alla Presidenza del Consiglio – Governo Matto Renzi)
In tal modo a partire dal 2015, le Province sono trasformate in Enti di secondo grado (ovvero gli organi di rappresentanza non saranno più letti dai cittadini, ma nominati dai vari Consigli comunali), vengono istituite le Città metropolitane e nel contempo vengono previsti incentivi per le fusioni tra comuni.
Un percorso legislativo questo interamente seguito dal centrosinistra nel tentativo di strappare la bandiera del federalismo alla Lega, che oggi, in tempi di pandemia, sta dimostrando tutte le sue nefaste conseguenze.
Conseguenze che ora si vedono purtroppo con chiarezza perché i conflitti di competenze, la frantumazione delle decisioni, ma ancor più l’aumentata distanza tra cittadini e organi di sovranità locale e statuale sono all’ordine del giorno, in quadro ove, disgraziatamente, vediamo acquistare sempre più peso il ruolo delle potenti famiglie nei confronti di uno Stato sempre più debole.
Gian Battista Cassulo
UNA NOTA: Chissà cosa penserebbe Giovanni Spadolini, se ancora oggi fosse in vita, di quanto sta accadendo al nostro Paese!!!!