BEVUTE, SPAVENTAPASSERI E LA PIANTA DEGLI ANGELI
Difendersi dal coronavirus con una birra. Questa la soluzione proposta ai fedeli da alcuni religiosi del Medio Oriente, secondo cui “Quando si prega e si beve un bel bicchiere di alcol, le orazioni hanno maggior forza”.
Per un gruppo di rabbini la prevenzione passa invece dal portare con sé una “formula magica”.
Su Facebook non mancano pagine dove i fedeli, cattolici, ebrei e musulmani condannano il covid 19 come arma impiegata da misteriosi untori nemici o lo esaltano come strumento di Dio.
In Cambogia è tempo di Ting Mong: metà spaventapasseri, metà icone religiose, sono creati per scacciare gli spiriti maligni portatori di infermità.
Paura, dubbio, collera: messi di fronte ai problemi costanti ed all’incertezza cronica, le persone cercano risposte nel soprannaturale, quella “terra di mezzo” tra fede, magia e credenze popolari.
E questa “terra di mezzo” è particolarmente estesa, popolata ed oscura, sospesa tra salvezza e condanna quando si parla della peste.
A Masone, si racconta così ancora la leggenda di una viaggiatrice genovese. La donna fuggiva dalla città, preda di un’epidemia, portando con sé a sua insaputa del pane infetto. Giunta nei pressi del paese, nella contrada Cappelletta, la viandante sarebbe stata fermata da una donna apparsa dal nulla. Questa era la Madre di Dio, che avrebbe così salvato Masone dal morbo. In segno di gratitudine, gli abitanti costruirono il Santuario di Nostra Signora della Cappelletta.
Fabbrica Curone è invece tutelata dall’Onnipotente. Piccolo borgo in provincia di Alessandria, parte della Comunità Montana Terre del Giarolo, viene risparmiato dalle ondate di peste, diffuse da inizio Seicento. I suoi cittadini parlano di una fede ed una pietà così pure da aver meritato l’azione diretta di Dio.
Alessandria decide di affidarsi ai Santi Sebastiano e Rocco. Considerati protettori contro la peste, vengono raffigurati in edicole, cappellette ed immagini murarie, sparse in ogni Cantone e diventano presto protagonisti della devozione popolare, a metà tra fede ortodossa ed antiche credenze mai dimenticate.
Ma il soprannaturale non è sempre amico.
Spigno Monferrato è un paese della Val Bormida, al confine tra Piemonte e Liguria. Nel 1631 è Spigno, un gruppo di case che controlla la via tra la costa ligure e l’entroterra padano, conteso tra potenze dell’epoca. Le tensioni politiche e religiose della Guerra dei Trent’Anni esplodono con l’arrivo della peste: si parla subito di streghe, capaci di usare poteri diabolici per spargere malattia e morte. I pettegolezzi arrivano alle autorità: inizia così un processo, che durerà alcuni mesi e che vedrà 15 persone accusate di stregoneria e diffusione del contagio. Alla fine, il procedimento non arriverà ad una sentenza definitiva per i contrasti tra Stato e Chiesa, ma vedrà la morte di tutti gli imputati, in circostanze poco chiare.
I poveri e ricchi di Genova assieme evitano la grande fontana di Via Carcassi. Costruita sotto il parco dell’Acquasola è chiamata “Fontana della sfortuna” ed è origine di disgrazie e morte. È il risultato dell’ira dei morti di peste, che dal ‘500 sono gettati nelle vicine fosse comuni, scavate quando i cimiteri sanzionati non bastano più.
Ed il soprannaturale non è sempre in contrasto con la scienza.
La genziana è un’erba di montagna, nel passato considerata panacea contro ogni male. Le persone colte ne apprezzavano gli effetti antibiotici e stimolanti del sistema immunitario. Per la gente del popolo, le sue doti erano conseguenza di un miracolo. Quando la peste aveva colpito l’Ungheria, re Ladislao aveva chiesto aiuto al Signore: gli apparve un angelo, che gli disse di scagliare una freccia. Il sovrano fece quanto ordinato: il suo dardo colpì appuntò una pianta di genziana, che guarì i malati.
Soprannaturale e reale, scienza e fede, magia e razionalità: per gli antichi dell’Oltregiogo erano due facce della stessa medaglia. E lo diventano anche per i loro moderni discendenti, nel mezzo della pandemia attuale, degna erede delle pandemie del passato.
Matteo Clerici