“La Ruota nel Deserto” è l’’ultima opera della scrittrice di Vocemola, Celeste Caniggia
Un libro nel quale l’autrice ci apre il suo personale album dei ricordi, a metà fra il racconto autobiografico e un documento sociale che ci racconta l’evoluzione della società, dall’antico mondo contadino di uno ieri recentissimo alla società odierna di oggi.
Dal libro emergono i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza: i primi “viaggi” da Variano alla scuola di Vignole Borbera, e il trasferimento a Vocemola. Sempre grazie alla “ruota nel deserto” il carretto trainato da Stella, la cavalla del padre, che le ha dispensato piccole e preziose lezioni di vita che non ha mai dimenticato.
Il carretto trainato dalla cavalla Stella, con la quale Celeste si spostava tra le piccole frazioni a cavallo tra Piemonte e Liguria: oltre alla natia Vairano, Vocemola, dove abita oggi, Varinella verso la Valle Spintie Rigoroso al confine con la provincia di Genova, tutte frazioni di Arquata Scrivia.
La nostalgia per il tempo della lentezza, quando per arrivare ad Arquata non c’era lo scenografico ponte sullo Scrivia di oggi, ma solo il lento calpestio della carretta di Stella.
Celeste Caniggia appartiene alla generazione cresciuta col boom economico degli anni Sessanta, col mito della grande città e dei “grandi magazzini”. È stata ragazza nei frenetici anni Sessanta, quando i ventenni come lei erano attratti dalle lusinghe delle grandi città facilmente raggiungibili dalla stazione di Arquata: Genova, Milano e Torino.
Ma Celeste ci racconta, un po’ come Viviana Albanese, con il punto di vista di un’altra generazione, la grazia della vita di provincia e dell’Italia profonda, in una dimensione ancora più intima e appartata di quella di Stazzano. Vocemola è una frazione di Arquata, ma non è “periferia”, bensì un luogo con un’anima propria.
Racconta del piccolo negozio di paese di Vocemola, condotto dal Gusto e dalla moglie Dorina, oggi scomparso. Delle figure rappresentative del paesino, il muratore, Pino, la Talin, la Marien, Flora, la Pinein, la ragazza libera e anticonformista, sempre elegante, scomparsa troppo in fretta. La Marchesa, che arrivava da Genova a villeggiare a Vocemola
Don Paolo, il parroco degli anni Sessanta ancora oggi ricordato da una targa posta sulla chiesina del paese. L’incontro col marito Luciano e la tentazione rappresentata da Alessandro, incontrato in una serata danzante a casa della marchesa.
Il romanzo di Celeste Caniggia si conclude nel tempo d’oggi, quando le viene l’idea di scrivere questo piccolo e prezioso libro, durante un viaggio in Argentina col marito Luciano. Mentre andavano, in una malinconica sera d’autunno, ad assistere a una serata dedicata il tango, il taxi argentino dà la precedenza a un carretto a cavallo, portato secondo il tassista da “zingari delle periferie”, risvegliando la nostalgia dell’infanzia e di un mondo perduto.
E nonostante il piacere del viaggio in Argentina, esplode struggente durante il viaggio di ritorno la nostalgia per la ruota del carretto di Stella e il “deserto” incantato di Vocemola.
Andrea Macciò