Sullo storico stabilimento di Arquata Scrivia pende la minaccia della chiusura definitiva
UN PO’ DI STORIA DELLA CEMENTIR
L’inizio dei lavori per costruire la Cementir avvenne nel 1957, due anni dopo, precisamente nell’estate del 1959, iniziò la prima produzione di cemento. È curioso sapere che nell’area dove sorge questo stabilimento doveva essere installata un’altra fabbrica, il Delta, ora KME, poi invece costruito nel territorio di Serravalle e precisamente prima del ponte sullo Scrivia che porta a Cassano. Avviata la sua produzione, la Cementir venne solennemente inaugurata nell’autunno del 1959, come si può vedere dalla foto allegata. Il direttore che sovraintendeva alla costruzione dello stabilimento era il dott. Dainese, mentre l’ing. Bozzoni fu il primo direttore della fabbrica per quanto riguarda la produzione del cemento. All’inaugurazione intervenne il ministro on. Mario Ferrari Aggradi, l’on. Giuseppe Brusasca e il presidente generale del gruppo Cementir dott. Giovanni Malcuori. Erano quelli i tempi del boom economico, con notevole incremento di costruzione di case, strade, autostrade, viadotti, e quindi di fabbisogno di cemento. La Cementir venne raddoppiata con la costruzione di un altro altoforno, più capiente del primo. La sua inaugurazione avvenne nel 1962.
Giacomo Ponzano
Fonte: l’inchiostro fresco – Agosto 2013 – “Il caso Eternit”
ABBIAMO SENTITO PAOLO TOLU, SEGRETARIO PROVINCIALE DELLA UIL FENEAL
Un’intervista a cura di Fausto Cavo
La storia dello stabilimento Cementir ad Arquata Scrivia è un tassello importante nella storia di Arquata Scrivia. È una storia italiana di quelle che non si vedono più. Una storia nata quando il nostro Paese, uscito distrutto dalla seconda Guerra Mondiale, era un cumulo di macerie. La Cementir nasce proprio lì, all’ombra dell’I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale), nel dopoguerra per fornire la materia prima per ricreare infrastrutture e patrimonio immobiliare pubblico e privato. E così la storia dello stabilimento diventa un tutt’uno con la storia dello Stato e nello stesso momento con la storia più piccola ma non per questo meno importante delle famiglie dei tanti lavoratori che hanno operato e operano al suo interno. Sembrava una storia infinita.
Ma poi i tempi cambiano. L’industria di Stato entra in crisi. Con Romano Prodi prende il via la stagione delle privatizzazioni e poi scocca l’ora della globalizzazione dell’economia, che però si dimentica di globalizzare i diritti.
E di lì, iniziano le ondate delle crisi, complice una internazionalizzazione della produzione, e piano piano il personale al suo interno si decima. L’ultima è quella del 2017. Inizia una lenta agonia e la scorsa settimana la triste notizia: la chiusura definitiva.
Ancora venti persone lavorano al suo interno. Così noi, dopo aver appreso la notizia dei sindacati sul piede di guerra, abbiamo sentito telefonicamente Paolo Tolu, segretario provinciale UIL Feneal, per avere le sue impressioni, che insieme ai suoi colleghi della Filca Cisl e Fillea CGIL stanno seguendo la causa.
Segretario Tolu, che dire, una situazione molto difficile.
A dir poco. Diciamo che le cose non andavano bene ma pensavamo che la situazione rimanesse stabile ancora per qualche anno.
Si spieghi meglio…
Gli accordi presi nel 2017 prevedevano che si mantenesse lo stabilimento di Arquata aperto almeno fino alla fine del vicino cantiere del COCIV, cioè fino al 2024. Mentre Buzzi (Ndr.: lo stabilimento di Arquata è diventato di proprietà di Buzzi Unicem di Casale Monferrato nel 2019) ha annunciato improvvisamente la chiusura.
Una situazione davvero critica. Quale sarà ora la strategia sindacale?
Di certo al tavolo si discuterà di non operare licenziamenti. La priorità è salvare questi venti lavoratori dalla disoccupazione. Perciò oltre a far partire gli ammortizzatori sociali si proporrà un ricollocamento di queste risorse negli altri stabilimenti del Gruppo o anche nel COCIV stesso che, già nella crisi del 2017 ne aveva assorbito lo stesso numero.
Fausto Cavo