L’attentato del Gnocchetto

27 febbraio 1945: un treno sferraglia lungo la tortuosa ferrovia che da Genova si arrampica verso Ovada ed ha appena lasciato alle sue spalle Rossiglione

Sul treno, affollatissimo, si stringono i viaggiatori, nella gran parte pendolari, per lo più operai e impiegati delle grandi officine genovesi, che raggiungono le famiglie sfollate in Piemonte al riparo dai grandi bombardamenti che stanno colpendo le città.

Il treno è un accelerato con destinazione Torino, ma deviato sulla “Genova – Ovada” per via dei bombardamenti.

Ad Ovada avrebbe proseguito verso Novi, transitando sui binari della vecchia Tramvia “Novi – Ovada” inaugurata nel 1881, per poi instradarsi verso Torino.

Sul treno c’è chi si appisola e chi fa una partita a carte, alcuni parlano ma è la stanchezza di una giornata di lavoro a prendere il sopravvento.

Sono infatti quasi le sette di sera e i pendolari già quasi si sentono a casa con le loro famiglie.

Il treno ormai è ormai in Piemonte e procede spedito verso Ovada. Fischiando, entra nel buio della galleria Rocca e il macchinista già vede luce in fondo al tunnel dove c’è un piccolo ponte prima dell’imbocco di un’altra galleria, la Ciso.

Ma sul ponticello le ruote dei carrelli iniziano a slittare, tutto irrimediabilmente ondeggia e il macchinista non fa in tempo ad azionare la rapida che la motrice svia e trascina con sé fuori dai binari l’intero treno!

I vagoni si accartocciano gli uni sugli altri e al loro interno si consuma una carneficina.

I corpi si accavallano come in un girone dantesco e qualcuno stordito si ritrova imprigionato tra le lamiere senza riuscire a capire lì per lì cosa sia successo.

I più fortunati rotolano fuori dai vagoni accatastati sull’erba o caduti nel sottostante Rio Ceci, mentre gli altri, i più sfortunati, si dibattono incastrati tra i soffietti che congiungono le varie vetture del convoglio.

E già perché quel treno era stracarico di gente che aveva terminato il proprio turno in fabbrica e stava rientrando a casa!

Ma cosa era successo in quella fredda sera del 27 febbraio del 1945?

Un gruppo di partigiani aveva progettato un attacco, allentando le chiavarde dei binari, ad un treno armato delle truppe tedesche di stanza a Genova, che di solito percorreva quel tratto di ferrovia, ispezionandola, in quello stesso orario.

Sennonché, per una serie di sfortunate coincidenze, sembra che quella sera il treno armato si sia fermato prima di Campo Ligure, nella Galleria del Turchino, l’unica a doppio binario, per dare la precedenza al treno pendolari per Torino, improvvisamente deviato sulla “Genova – Ovada”.

E da lì il disastro! Quindici persone morirono sul posto e alte tre nei giorni successivi. I feriti furono ventitré.

Ora in quella località di Santo-Criste-Gnocchetto a testimonianza di quel fatto, vi è un piccolo monumento con incisi i nomi delle vittime che è stato inaugurato solo nel 2016

Gian Battista Cassulo

Note storiche di Lorenzo Pastorino

2 Replies to “L’attentato del Gnocchetto”

  1. Mio papá era del Gnochetto e la sua versióne e’ che i Tedeschi avendo ricevuto una soffiata ,hanno fatto andaré avanti il treno passeggeri apposta ..per non avere perdite loro e fare ridadere la colpa del tutto hai partigiani..poi i Tedeschi secondo mío papá.. quando passava un loro treno prima passava sempre una locomotiva per essere sicuri che la línea ferroviaria non aveva problemi ..

    1. Grazie Parodi per il suo commento che lo ritengo molto interessante. I fatti forse potrebbero essere così come le aveva raccontato suo padre e forse potrebbe essere quella la verità, perché normalmente, in tempo di guerra, prima di fare muovere un treno armato, veniva sempre fatto transitare in avanscoperta un treno civetta per controllare il buono stato della linea ferroviaria. Lo si fa ancora oggi quando qualche Capo di Stato si sposta in treno. Il fatto è che comunque, a mio parere, i partigiani che avevano appena manomesso il binario, resosi conto che il treno che sarebbe transitato NON era quello dei tedeschi, ma dei pendolari, avrebbero avuto tutto il tempo per fermare il treno dei pendolari che aveva appena lasciato la stazione di Rossiglione, magari piantando tra le rotaie una bandiera rossa o un segnale qualsiasi per avvisare visivamente i macchinisti di un pericolo e di azionare i freni. Quando si fa un attentato chi mette in pratica l’attentato stesso in genere si ferma a vedere l’andamento “a buon fine” in questo caso del deragliamento del treno. Personalmente sono andato a fare un sopralluogo sui luoghi di quel tragico avvenimento e ho fatto anche il filmato che si vede in calce all’articolo e le posso dire che i partigiani, o una o due vedette che avrebbero dovuto essere lasciate lì di guardia per controllare gli esiti dell’attentato ben nascoste perché il luogo è impervio e ricco di boscaglie, opportunamente allertate da Rossiglione, avrebbero potuto scendere sulla linea ferroviaria e segnalare al macchinista del treno pendolari di arrestare il convoglio e salvare così la vita di molti innocenti. Ma così non è stato! Sia in guerra come nella guerriglia, chi organizza un attentato deve sempre considerare le ricadute e le ritorsioni sulla inerme popolazione civile!!!! Io credo che chi a quei tempi ha manomesso i binari e poi non abbia fatto nulla per evitare il massacro degli ignari pendolari, abbia un debito enorme con la propria coscienza e non vorrei che a fine conflitto magari abbia preteso un riconoscimento onorifico!!! Un cordiale saluto da parte di Gian Battista Cassulo

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