Sotto le piante a due passi da una vita fa di Cristina Raddavero è un delicato e intimo racconto autobiografico intriso di nostalgia dell’infanzia e dell’adolescenza, delle lunghe estati passate nel piccolo mondo incantato dell’alta Val Borbera, Cabella Ligure e la frazione Piuzzo.
Una vita fa, non perché siano passati molti anni, ma perché quel mondo si è progressivamente sgretolato. Sotto le piante è una sorta di espressione idiomatica della zona: come afferma l’autrice, là si dice “andare sotto le piante” e non ai giardini pubblici. Capitolo dopo capitolo, Cristina Raddavero ci trasporta con la fantasia a Cabella Ligure qualche anno fa, raccontandoci la storia di una ragazza che ama la natura e passarne “l’estate tra i faggi e le querce” e che predilige il fascino del mare in inverno.
Cabella Ligure, nonostante il nome, non si trova in Liguria, ma in Piemonte, in provincia di Alessandria. E ha a poco a che fare col Piemonte sabaudo e torinese. Piuttosto è una specie di crocevia culturale fra quattro provincie: Alessandria, Piacenza, Genova e Pavia. Cuore dell’appennino ligure-piemontese-emiliano e simbolo dell’Italia profonda e autentica.
Dal piccolo bar di Pistarolla, che le regalava credendo di farle piacere le detestate caramelle mou, al banco di falegnameria di Pippi ai negozi di giocattoli, alla pasticcera Tanina dai gesti eleganti come una danzatrice, al negozio di abbigliamento della “Palma”, Cristina Raddavero ci racconta “l’anima della piccola bottega, il cuore pulsante della propria attività mandata avanti con passione e amore per il proprio lavoro, dove lavoro e vita si confondevano davvero”.
E ancora, la Santa Messa per bambini del “sabato del villaggio” officiata da Don Muzio e le lezioni di catechismo, con l’importante passo del Siracide (15, 15-16) sul libero arbitrio. La stradina che portava a scuola, una sorta di “Colonna d’Ercole” per la piccola Cristina e la strada per Cosola proiettata verso il piacentino, le gite col nonno con la Vespa 50 Special.
Sotto le piante a due passi da una vita fa non ha le caratteristiche tipiche dell’autobiografia, è il canto d’amore dell’autrice per la propria terra di origine, l’alta Val Borbera, per le proprie radici, per l’Italia autentica della provincia, per una terra che è un coacervo fra Piemonte, Liguria, Emilia e l’anomala Lombardia dell’Oltrepò pavese.
La scrittura è concisa e mai banale, con venature poetiche: l’autrice scrive anche poesie e questo emerge con forza dal suo stile particolarissimo.
Andrea Macciò