La storia di Agnesa strega di Stazzano in un libro di Maria Angela Damilano
“Danzando con il demonio. La storia di Agnesa, strega di Stazzano”è il secondo libro di Maria Angela Damilano, ex insegnante di lettere appassionata di archeologia e storia locale, sul tema della stregoneria nel Basso Piemonte e nella zona del tortonese dopo 1520. Una cupa storia di streghe dedicato al rogo avvenuto a Carezzano nel XVI sec, fatto storico ampiamente documentato.
Come tutte le zone a tradizione contadina, le valli tortonesi (Val Grue, Val Magra, Val Curone) e quelle al confine con la Liguria(Valle Scrivia, Val Borbera, Val Lemme, Valle Spinti), hanno mantenuto viva anche dopo la cristianizzazione la tradizione dei culti pagani legati al ciclo agricolo. Ancora oggi se ne trovano le tracce in tradizioni feste, nelle quali la cultura cristiana e quella pagana si fondono in modo sincretico. Il Piemonte, come documenta nelle sue opere l’antropologo Massimo Centini, studioso soprattutto dell’area alpina e torinese, è “terra magica” per eccellenza e Torino ha fama di città esoterica.
“Danzando con il demonio. La storia di Agnesa, strega di Stazzano” ricostruisce in maniera romanzata una storia realmente accaduta nel 1522, il rogo per stregoneria di tre ragazze avvenuto in un luogo imprecisato sulle alture tra Stazzano e Serravalle: Agnesa, Melina e Maria. Del fatto si accenna nelle memorie del Castellano di Stazzano Dalmazio Sacco. Nel Cinquecento, Stazzano aveva un ruolo molto importante nell’amministrazione della giustizia, sia civile che ecclesiastica, nella parte meridionale della diocesi di Tortona.
Il libro, partendo da un affresco oggi scomparso sui muri della Chiesa di San Pietro in Vincoli a Molo Borbera (un Trionfo della Morte o danza macabra, unico esempio in Basso Piemonte di una tradizione diffusa nel Piemonte Alpino) che rappresentava una donna di nome Agnesa appesa a testa in giù con la scritta “l’agnesa che zanzava in chiesa”prova a immaginarne la storia.
Agnesa è una ragazza di Stazzano dai lunghi capelli rossi. Un’anima ribelle, che ama la vita girovaga, ama ballare e danzare senza sosta “quando sente la musica, corre e balla, balla come nessuna mai”. Una ragazza legata alle amiche Melina e Maria, disinvolta con gli uomini, appassionata di ballo e musica, non poteva che finire sotto l’occhio sospettoso dei paesani di allora. Al tempo della stregoneria la musica, il ballo, la libertà sessuale delle donne, la felicità stessa erano viste con sospetto.
Esisteva la “cassetta dello judicio” dove chiunque poteva denunciare una donna (o, sebbene fosse più raro, un uomo, per stregoneria). E con le terribili torture previste dall’Inquisizione, era certo che la malcapitata confessasse i peccati di stregoneria per finire sul rogo.
Di Agnesa si innamora perdutamente un suonatore girovago delle “quattro provincie” (Alessandria, Genova, Piacenza e Pavia) sulle quali oggi si affaccia l’appennino ligure-piemontese. Due irregolari, un cantante girovago e una ballerina dai capelli rossi libera e fiera, non potevano che innamorarsi.
Un amore destinato a essere spezzato dall’invidia dei paesani per la libertà, la felicità e l’abilità nel ballo della bella ragazza dai capelli rossi. Fatale ad Agnesa un ballo in chiesa nella festa estiva di San Lorenzo sembra nella Chiesa di Molo Borbera (che spiegherebbe la presenza dell’affresco proprio li). “Zanzare in chiesa” era peccato gravissimo, per la mentalità dell’epoca indice di possessione. E Agnesa finisce così processata e bruciata sul rogo.
Il libro ricostruisce anche le figure di Melina e Maria, miste a personaggi di fantasia come l’oste Antonio, il suonatore di musa e il pittore.
La seconda parte del libro ricostruisce brevemente la storia della stregoneria nel territorio del Basso Piemonte, dal primo rogo del 1439 di una donna della Val Grue a quello della magistra Parmina di Cuquello, e indica i luoghi “magici” della zona, dal Bric delle Strie presso Carezzano al “Munta delle Furche” tra Sorli e Garbagna.
Occuparsi oggi di stregoneria è anche un modo per capire la realtà odierna. La repressione della stregoneria scoppia dopo la Grande Peste del Trecento e vedeva unito potere religioso e civile. Le accuse principali rivolte alle streghe erano due: l’induzione di epidemie o pestilenze, e quella di tempeste.
E al giorno d’oggi, di fronte a un’epidemia, abbiamo di nuovo visto scatenarsi, anche se in forme violente solo verbalmente, una “caccia all’untore” di manzoniana memoria: la società è ancora incapace di accettare il male come parte della vita. Così come di fronte ai fenomeni naturali (terremoti, alluvioni) si cerca sempre un capro espiatorio, di solito un politico o un amministratore locale. Le donne ancora oggi sono oggetto di pregiudizi se hanno comportamenti liberi e disinvolti e sono ancora moltissimi i femminicidi.
Un libro interessantissimo nel riportare alla luce una storia dimenticata e nel ricordarci l’importanza dello studio della storia di ieri per capire la società di oggi.
Andrea Macciò