L’opera è stata salutata anche dalle Frecce Tricolori
Oggi, venerdì 14 Maggio, a Genova, è stata inaugurata in corso Podestà di fronte al civico 39 nei pressi del Belvedere di Mura delle Cappuccine, la nuova statua dedicata a Giorgio Parodi, cofondatore della celeberrima casa motociclistica Moto Guzzi, aviatore e fondatore dell’Aeroclub di Genova.
Nel centenario della fondazione del marchio Guzzi, il capoluogo ligure rende così omaggio al famoso imprenditore ed aviatore con questa opera d’arte a lui dedicata e realizzata dallo scultore (e guzzista d.o.c.) Ettore Gambioli.
Sono intervenuti Massimo Nicolò, Vice sindaco di Genova; Giovanni Toti, Presidente Regione Liguria; Elena Bagnasco, Nipote e presidente Associazione Giorgio Parodi; Ettore Gambioli, scultore. Moderatore: gen. Salvatore Gagliano dell’Associazione Arma Aeronautica. Scopre la statua la figlia di Giorgio Parodi Marina Cais di Pierlas Parodi.
Durante la celebrazione la Pattuglia Acrobatica Nazionale dell’Aeronautica Militare, nonostante la pioggia, in coincidenza con la scopertura della statua, ha sorvolato i cieli di Genova permettendo a tutti i cittadini di ammirare lo spettacolo.
Oggi su “Il Secolo XIX” del 16 maggio 2021, sotto il titolo “La statua dedicata a Parodi indigna l’Anpi e i pacifisti: (che dicono) sbagliato quel tributo, partecipò al colonialismo”.
Con tutto il rispetto per l’Anpi e per i pacifisti (ai quali personalmente mi sento di appartenere) vorrei rispondere, sia pure nell’ambito del mio personale pensiero, con le parole di Vittorio Foa, unanimemente considerato un Padre della Patria.
Dice Foa: “Nell’immediato dopoguerra per l’abilità sia di Alcide De Gasperi, sia di Togliatti, s’impose l’idea che l’Italia avesse partecipato al conflitto mondiale dalla parte dei vincitori. Si riuscì a fare dimenticare che l’Italia la guerra l’aveva persa dimostrando il contrario. Come? Una strada fu quella di dire che gli italiani erano sempre tati antifascisti, ma non era vero. è un mito che abbiamo costruito noi, da una parte con la Resistenza, dall’altra con il comportamento di De Gasperi alla conferenza di pace. Ma l’aver dimenticato di non essere stati antifascisti ha voluto dire cancellare anche altre cose dalla nostra memoria. Con effetti negativi. ci sono dei difetti che ci siamo trascinati dietro nel tempo. Una non sufficiente comprensione di che cosa è la legalità e in ultima analisi lo Stato. Si è creato un qualcosa di malato nell’unità nazionale. La mia è anche un’autocritica. Noi abbiamo lavorato fortemente per creare un’immagine dell’Italia del periodo fascista non compromessa dal regime. Questo è sicuramente un elemento mitologico, non corrispondente alla realtà, che siamo riusciti a fare entrare di prepotenza nella storia del dopoguerra”. E alla domanda se fu un errore cancellare l’idea di un Paese compromesso col fascismo. Foa risponde: ” No, io penso che allora fu una cosa straordinariamente utile, penso che abbiamo fatto molto bene. Però oggi cerchiamo di non rendere troppo virtuoso il passato. Perché di questo passato abbiamo ancora tante cose di cui rendere conto. Dalle colonie ai rapporti con i Paesi europei, per fare un esempio”. Questo diceva Vittorio Foa in un’intervista rilasciata a Goffredo De Marchis e apparsa su “la Repubblica” del 19 dicembre 2003.
Alla luce di queste parole, credo dunque che oggi più che dividere i ricordi tra antifascismo e fascismo, sia giunto il momento di ricordare la storia per quello che è e per quello che dice e, sulla base di quella eredità drammatica, costruire finalmente un nuovo futuro fatto non più di divisioni, ma di un comune ricordo. Altrimenti sarà il Tribunale della Storia, al di là dei miti che noi – come dice Vittorio Foa – abbiamo costruito, a ricordarcelo.
Gian Battista Cassulo