Il governo ha stabilito che, dal 1 settembre, è obbligatorio possedere il green pass per accedere ad alcuni mezzi di trasporto. In particolare, su treni a lunga percorrenza (frecce e intercity), bus interregionali, aerei e traghetti. Nessun obbligo invece per treni regionali e autobus locali.
Scelta che ha provocato, come sempre, molte polemiche, in un senso e nell’altro. Contestazioni in qualche caso sensate, in altri eccessive.
Per oggi primo settembre erano state pure programmate una serie di manifestazioni, da parte dei movimenti no-greenpass, che prevedevano anche l’occupazione di stazioni ferroviarie. Questo tipo di protesta si è rivelata un flop: si sono presentati agli appuntamenti solo pochissimi manifestanti. Pertanto i temuti blocchi nelle partenze dei treni non ci sono stati. E ci mancherebbe ancora che i poveri pendolari, già afflitti da molti problemi, dovessero subire anche questo disagio.
Le contestazioni, anche se minoritarie, proseguono soprattutto sui vari social, oltre che sugli organi d’informazione.
Qualche contraddizione, in effetti, si può rilevare. Intanto, ha poco senso che siano obbligati al green pass (quindi vaccinazione completa o tampone recente negativo) i viaggiatori e non il personale viaggiante, che al momento non è soggetto a nessun’altra imposizione che indossare la mascherina. Poi non si capisce per quale motivo vi sia disparità tra un Intercity, che qualcuno potrebbe anche utilizzare per un tragitto breve, e un regionale veloce, in cui il viaggio può anche durare due ore o più.
Poi ci sono le polemiche innescate da no-vax e simili. Su questo può essere utile qualche elemento di chiarezza: intanto sarebbe utile dividere la polemica basata su argomenti di tipo filosofico-politico (le eventuali violazioni a diritti individuali e Costituzione) da quella basata su argomenti tecnici (nello specifico: efficacia, utilità, eventuali controindicazioni dei vaccini anti-covid).
Riguardo al primo punto, forse molti contestatori farebbero bene a riflettere su un dato di fatto che dovrebbe essere tranquillamente sotto gli occhi di tutti: nella nostra società, e in qualunque società civile avanzata, anche la più democratica di tutte, esiste un’ampia serie di obblighi e divieti che, di fatto, limita in molti modi le nostre libertà. E non può che essere così, se vogliamo vivere in una società civile. Si possono fare moltissimi esempi: non solo l’obbligo vaccinale (12 vaccini) per i bambini in età scolastica. C’è l’obbligo scolastico, quello di pagare le tasse, di fermarsi e mostrare i documenti a un controllo di polizia, di testimoniare se citati a farlo nei processi in Tribunale, di indossare la cintura di sicurezza in auto, il casco in moto, i dispositivi di sicurezza per chi lavora nei cantieri, di ottenere la patente adatta al veicolo che si vuole guidare, e così via. Per non parlare dei divieti, che sono ancora di più. Allora, parlare di dittatura o attentato alla Costituzione per un ulteriore obbligo, in seguito all’attuale pandemia, pare davvero fuori luogo e soprattutto pretestuoso. E su questo, purtroppo, non trascurabile è il soffiare sul fuoco di alcune minoranze politiche che si muovono sull’orlo dell’eversione, e da cui molti disinformati si lasciano strumentalizzare.
Per l’altro aspetto, quello tecnico-scientifico, non ci si può che affidare ai dati di fatto. Se risulta, come sta succedendo, che attualmente ricoveri in ospedale e morti per covid riguardano per oltre il 90% non vaccinati, quando ormai la maggioranza della popolazione è vaccinata, questo non può che significare due cose: il vaccino non è efficace al 100%: ma determina una notevolissima diminuzione del rischio di contrarre forme gravi della malattia (se così non fosse, ci si dovrebbe aspettare una percentuale di malati gravi in proporzione alla popolazione vaccinata).
Riguardo ai presunti effetti negativi a lungo termine del vaccino, si entra spesso nel campo di fantasie, in alcuni casi impossibili (come la bufala che il vaccino possa modificare il nostro DNA, o che possa interagire con le frequenze di trasmissione 5G, cose di cui chiunque ha qualche base minima di biologia può comprendere l’infondatezza); in altri molto improbabili o comunque molto meno probabili dei rischi della malattia.
Il trasporto pubblico rimane un punto critico nella diffusione della pandemia. Ma più sui mezzi locali, treni, autobus e metropolitane; che pur essendo quelli facilmente più affollati, quindi a maggiore rischio contagi, sono proprio quelli dove non è previsto l’obbligo di green pass. Ci si basa quindi più sulla ragionevolezza e buona volontà degli utenti che su obblighi altrove imposti. Speriamo che basti.
Stefano Rivara