Perdersi nel Bosco è il primo romanzo di Giuseppe Grassano, edito nel 2018, che precede “Il Paese dei Campanelli” presentato a novembre 2020 e già recensito per Inchiostro Fresco
La struttura dei romanzi di Grassano è simile: narrano “una vita” per citare il titolo di una nota opera di Italo Svevo (al quale forse si è ispirato), la vita di un personaggio che forse potrebbe essere lui stesso e forse no, attraverso una costellazione di racconti tutti legati fra di loro, ma che possono anche essere letti come opere autoconclusive.
Se Il Paese dei Campanelli presentava chiari riferimenti autobiografici nel narrare il percorso del protagonista nel mondo della scuola, Perdersi nel Bosco è caratterizzato da un legame strettissimo con il territorio del quale ci occupiamo in questa rubrica, l’area del novese e dell’Oltregiogo.
Fra i racconti che ho trovato più significativi, c’è sicuramente quello che dà il titolo alla raccolta, “Perdersi nel bosco”. Lo smarrimento nel bosco è un archetipo classico delle fiabe, a partire dalla notissima Cappuccetto Rosso.
Qua il protagonista assieme al padre si reca nel bosco “per fare legna”, dormendo alcune notti in un fienile. Un’esperienza in qualche modo iniziatica per il protagonista, che coglie appieno l’aspetto della trasmissione dei saperi pratici di padre in figlio tipici della tradizione contadina. Un aspetto ben raccontato anche in un altro testo che abbiamo recensito “I mercanti della neve. Storia e tradizioni della Valle Spinti” di Anton Luigi Pratolongo. La notte nel bosco, dunque, come rito di passaggio.
Altri racconti che mi hanno colpito particolarmente quelli che narrano l’esperienza del protagonista in Seminario.
Quello che nel romanzo viene definito “Il Castello” oggi adibito a Rsa, nome che privato del riferimento geografico evoca il Castello di Kafka, è appunto l’antico seminario di Stazzano ancora oggi chiamato “castello”.
Due racconti che ci portano in una realtà vicina nel tempo eppure che appare lontanissima, al tempo nel quale in seminario si andava non tanto per diventare sacerdoti quanto per studiare in scuole ritenute di grande qualità.
E Grassano racconta benissimo lo stupore e lo smarrimento dei ragazzi costretti in un mondo chiuso e autoreferenziale quando si trovano a “evadere” termine appunto usato dall’autore, nel mondo di fuori. Tutto appare misterioso, bellissimo e inquietante insieme, dal centro del paese, Stazzano appunto, al vicino Santuario di Montespineto. Altro luogo riconoscibile nei racconti è la piccola stazione di Serravalle Scrivia, a pochi minuti da Stazzano e dalla quale (come dall’autostrada A7) è possibile vedere i luoghi raccontati dall’autore.
Di ottima qualità anche gli altri racconti, che alcune volte indugiano su altri “riti di passaggio” come la morte del padre, altre su una quotidianità raccontata con grazia e discrezione.
Quella di Grassano è una scrittura densa, da assaporare lentamente, e magari da rileggere, piacevolmente inattuale nel mondo di oggi caratterizzato dalla velocità e della distrazione continua. In Perdersi nel Bosco è inoltre appunto molto più forte il legame col territorio rispetto a Il Paese dei Campanelli.
Segnaliamo l’interessante video-recensione di Viviana Albanese, dal suo canale youtube “A spasso con un romanzo”, in salita da Viale Regina Elena al Castello di Stazzano.
Andrea Macciò