È allarme peste suina africana: dopo i casi riscontrati su alcuni cinghiali in Piemonte ed in Liguria, il Governo è corso ai ripari annunciando già da alcuni giorni il divieto assoluto di qualsiasi tipo di attività umana all’interno della così detta zona rossa. Sono 114 i comuni tra Liguria e Piemonte infatti interessati dall’ordinanza nel cui territorio è impedito lo svolgimento di attività come la mountain bike, il trekking o la raccolta funghi per almeno 6 mesi, fino ai primi di luglio.
Un duro colpo per le attività del territorio che finalmente cominciavano a vedere dei timidi segnali di ripresa dopo l’incubo lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19 che a lungo aveva paralizzato molti settori economici, soprattutto quello turistico.
“La situazione è completamente in divenire” afferma Andrea Marsan, Biologo e docente di Zoologia all’Università di Genova, “fino ad oggi la peste suina africana era diffusa solo nell’Est Europa, fino alla Serbia; il rischio è che se ce la facciamo scappare di mano, senza norme severe, possa diffondersi in tutto il Paese. Questo può costare molto per la popolazione di cinghiale ovviamente in termini di decessi ma soprattutto per gli allevamenti di maiali: se ci saranno epidemie diffuse nessuno comprerà più i prodotti italiani e ci saranno 140 mila allevamenti, sia familiari che intensivi, in ginocchio e una perdita di 700 milioni di euro di export”
“Questa malattia non attacca gli esseri umani ma si propaga attraverso le ruote delle auto e le suole delle scarpe ed il virus è molto resistente, sopravvive a lungo anche temperature rigidissime” prosegue l’esperto, “l’emergenza potrebbe durare semestri e chiedere questo sacrificio ai cittadini interessati dalla zona rossa e agli escursionisti è purtroppo necessario: l’obiettivo è quello di contenere il più possibile la malattia in una zona”.
“Chiediamo che siano predisposte delle deroghe all’ordinanza in modo da salvaguardare il settore turistico e tutte le attività dell’entroterra che rischiano di chiudere per sempre, sacrificandosi in nome della produzione intensiva zootecnica” afferma Paolo Rossi, fotografo di fauna selvatica e documentarista ligure. “Siamo tutti ben consci del grave rischio che corre la filiera suinicola ma non ci si deve scordare di quelle realtà che vivono e lavorano a stretto contatto col territorio che troppo spesso vengono dimenticate. Se il problema è evitare che il contagio si propaghi ai grandi allevamenti forse sarebbe più opportuno approntare delle rigide misure di sanificazione all’interno degli stessi e dei controlli più serrati sulla condizione di vita degli animali all’interno di queste strutture” conclude Paolo Rossi.
“La peste suina è un problema molto serio che va arginato ma siamo molto preoccupati per le ripercussioni che questa ordinanza avrà sulle attività di tutto il paese, soprattutto per il turismo verde come trekking e mountain-bike” Afferma invece Omar Missarelli, Sindaco di Masone, uno dei comuni comuni interessati dall’ordinanza, “la bella stagione che arriverà rischia di essere compromessa a livello turistico, speriamo che da dei confronti con la Regione e la Forestale si possa raggiungere una soluzione comune magari lasciando fruibili alcuni percorsi piuttosto che altri come alcune strade bianche comunali. Confidiamo che alcune deroghe vengano concesse dal Governo perchè i paesi dell’entroterra come Masone, che puntano sull’outdoor, rischiano di essere fortemente penalizzati proprio ora che si cominciava a percepire un graduale ritorno alla normalità dopo questi due anni difficili segnati dall’epidemia da Covid-19”
Nel frattempo in questi giorni è spuntata sulla piattaforma Change.org una petizione, indirizzata al Ministero delle Politiche Agricole, per dire no al “lockdown dei boschi” a cui hanno aderito diverse associazioni del settore turistico oltre che numerosi cittadini.
Sinceramente le tesi di Marsan mi suonano molto deja vu. Un piccolo sacrificio di 15 giorni, non era la stessa cosa che dovevamo sopportare due anni fa per riabbracciarci più forte domani? Anche se il virus si attacca alle scarpe di uno che cammina in Val Borbera, mi sembra alquanto strano che costui poi vada a farsi un giro in un allevamento intensivo del lodigiano. Sarebbe opera di porre un limite allo strapotere di questi specialisti completamente fuori dalla realtà