Ieri, domenica 13 febbraio 2022, siamo stati in Valgisenche e per la precisione a Darbelley a trovare alcuni nostri carissimi amici e guardando quelle montagne bianche di neve ci siamo ricordati di una nostra “durissima” escursione che facemmo lo scorso anno in una ventosa e fredda giornata di fine luglio
Quel giorno, e precisamente il 30 luglio 2021, decidemmo di andare a Col du Mont a quota 2.632 metri, che storicamente ha sempre rappresentato un importantissimo collegamento tra la Valgrisenche e l’Alta Savoia…
Lasciataci Bonne alle spalle e parcheggiata l’auto a Usellières a quota 1.784 metri, ci inerpicammo sino al rifugio del Capitano Mathieu, eretto nel 1893 a quota 2.687, non prima di aver fatto sosta alla Casermetta “Seigne” costruita nel 1938 e posta a quota 2.450. Qui guardammo i resti dei combattimenti che si verificarono nel corso della Seconda Guerra Mondiale e ci venne da pensare come sia stato possibile fare una guerra in posti come questi, dove a tutto si può pensare, ma non a spararsi addosso l’un l’altro tra gente sino al giorno prima affratellata da queste montagne!
Tra il vento gelido che, nonostante la stagione estiva, fischiava forte e questi lugubri pensieri, la corona delle cime ci parve all’improvviso paurosa e salendo in cresta, dove vi è una grande croce e una sorta di museo a cielo aperto di quanto accadde qui più di settant’anni fa, ci assalì un senso di desolazione.
Eravamo sul confine tra Italia e Francia, ma non riuscimmo a fermarci più di tanto a guardare il maestoso scenario delle Alpi che dirupavano verso valle, perché il vento non ci faceva stare in piedi e così salimmo al rifugio del Capitano Mathieu, che, seppur diroccato, ci diede il tempo di indossare le mantelle perché nel frattempo aveva iniziato a piovere.
E proprio da rifugio del Capitano Mathieu pensammo a come doveva essere stata dura la guerra in questi posti dove i soldati non potevano nemmeno accendere un fiammifero per riscaldarsi, pena l’essere centrati da un proiettile di un cecchino!
Dopo aver atteso un attimo di tregua del maltempo, iniziammo a scendere per un sentiero non molto ben segnato per andare al lago di San Grato poso a quota 2.462 metri ed alimentato dal ghiacciaio del Rutor, ma non riuscimmo a giungerci perché ci perdemmo in un dedalo di pendii e scivolammo per ben due volte sull’erba resa viscida dalla pioggia e in tutti e due i casi riuscimmo, ancora oggi non so come, a fermarci in tempo sul ciglio di un dirupo.
Poiché si vedevano spuntare in lontananza i resti della casermetta, la raggiungemmo e da lì rientrammo quando ormai era già buio e sul piazzale di Usellières era praticamente rimasta solo la nostra auto e giurammo che da quel momento in poi non ci saremmo avventurati mai più fuori sentiero!
Gian Battista Cassulo