A gennaio 2020 il postino Ettore Bollini, raggiunta la meritata età della pensione, decide di intraprendere un lungo viaggio liberatorio di alcuni mesi in Africa. La sua è stata una vita segnata da episodi singolari: è stato l’unico spettatore della partita di calcio femminile dell’Armata Rosa, nella speranza di approfondire la conoscenza con una ragazza conosciuta all’università, eterna riserva della squadra stessa; è stato lasciato nel giorno del matrimonio dalla promessa sposa, concorrente perdente di Masterchef sconfitto da un certo Germano Berlusconi.
L’ennesimo colpo di sfortuna colpisce Ettore ad aprile, quando, bloccato in Africa a causa della sospensione dei voli con l’Italia per il lockdown, viene rapito da una tribù locale che vuole sacrificarlo in un rito legato alle festività primaverili in quanto “bachelor” ovvero scapolo. Sarà Don Roberto, il prete che ha doveva celebrarne il matrimonio, a mettersi sulle sue tracce.
Tutto il libro è un lungo dialogo di Ettore con gli indigeni (in realtà un monologo) mentre rivede la propria vita e lentamente si consumano le candele che lo dividono dal momento fatale.
Secondo me finisce bene richiama in maniera abbastanza esplicita Quo Vado di Checco Zalone, quando il personaggio interpretato dal comico pugliese cerca di salvarsi la vita nel rudimentale processo tenuto di fronte al capo tribù. Come in Quo Vado, troviamo nel libro di Brusasco la stessa Africa da barzelletta, tra pentoloni e strani rituali, e lo stesso gioco ambiguo con gli stereotipi razzisti e il politicamente corretto.
Un doppio registro di marca zaloniana che troviamo anche quando Ettore paragona la situazione dell’Italia e del mondo sviluppato durante il lockdown a quella dell’Africa: siamo sicuri che la nostra civiltà, dove tutto è asettico e sotto controllo, sia migliore del mondo premoderno rappresentato nel libro con sfumature grottesche?
Come Checco Zalone nei suoi film, l’autore esercita la sua vena satirica su entrambe le “fazioni” sia su questo tema che su altro. Come quando racconta il suo viaggio sostitutivo del viaggio di nozze saltato causa defezione della sposa con un amico omosessuale, nel quale è evocato lo spirito dissacrante sia dell’omofobia sia di certo politicamente corretto che ritroviamo in “Cado dalle Nubi” o quando racconta la sua conoscenza del mondo del calcio per inseguire Adriana alias Dieguita, l’intraprendente calciatrice panchinara appassionata di Maradona del quale Ettore è innamorato (“avevo sentito parlare del secondo tempo delle partite” afferma il protagonista, mostrando la sua totale ignoranza in campo calcistico) ribaltando lo stereotipo che vuole l’uomo appassionato di calcio e la donna che lo segue svogliatamente. Altri passi raccontano il prezioso lavoro dei clown che alleviano le sofferenze dei bambini ospedalizzati sulla scia di Patch Adams o i profondi cambiamenti del lavoro di portalettere.
Finirà bene, o Ettore finirà sacrificato dagli indigeni?
Secondo me finisce bene è un libro molto divertente e nello stesso tempo non banale, che sfruttando un linguaggio scorrevole e situazioni ai limiti del grottesco mostra un talento raro dell’autore nel fare satira sociale spietata, la stessa che troviamo nei film di Zalone, quella che non prende di mira una parte politica o culturale, ma i vizi e le ambiguità della società nella quale viviamo e delle persone che la abitano.
Andrea Macciò
Massimo Brusasco, nato ad Alessandria e monferrino d’adozione, è autore per il teatro e il cabaret, giornalista, conduttore radiofonico e animatore del talk show Il Salotto del Mandrogno. Ha pubblicato Sognavamo le ragazze Cin Cin (Albatros) Palla tonda teste quadre (Il Filo) I promessi sposi, Il gatto che non voleva stare solo e La passione (Linea d’aria) Il raduno della Gramigna (Edizioni della Goccia) Le mani del mago (BradipoLibri)