Il successo della manifestazione in un reportage di Luigina Palla
“Credo che abbiate dimostrato che l’Alta Valle è viva, vivacissima, ricca di energie positive, le belle cose che “salvano”: è questo uno dei tanti commenti positivi che ci sono arrivati a conclusione della tre giorni di apertura delle chiese in Val Borbera in occasione della Manifestazione Nazionale “La lunga notte delle Chiese”.
Tutto inizia il pomeriggio del 9 giugno 2023 con il tenero piccolo concerto nella chiesa di Rocchetta degli alunni della scuola primaria: sonorità pellerossa, zulù, body percussion, brani contro la guerra, brani di pace e di amicizia e il racconto di Annalisa Fiori che “punta” con la penna laser le opere d’arte della chiesa.
Poi tutti a Palazzo Spinola, dove il video ufficiale della manifestazione presenta tutte le chiese partecipanti, in punta di piedi si percorrono le sale del Museo d’Arte Sacra seguiti dalla puntuale presenza di Cristina Pertica e ci si rinfranca con la bio-merenda di Teresa Tacchella.
Indi si monta in macchina ed eccoci a Pagliaro Inferiore, Santuario della Madonna della Guardia: appena entrati ci accolgono le pareti circondate dalle litanie della Vergine e sembra di sentire il bisbiglio delle preghiere lungamente ripetute, poi due rappresentazioni statuarie della Madonna della Guardia, quella antica con il Beato Pareto piccolo, piccolo e Maria che si erge maestosa su di lui, Madre dell’umanità e quella un po’ più nuova, portata trionfalmente al Santuario nel 1943 – così racconta con passione Nora Cardella e poi ci introduce a un magnifico rinfresco: una fetta di pizza e una di crostata e poi si sale a Roccaforte.
Qui una piccola truppa di persone ascolta le parole di Eleonora che presenta la Pieve di San Giorgio dalle origini medievali alla ricostruzione a opera degli Spinola che troneggiano in un magnifico quadro nella navata destra; nel meraviglioso piazzale panoramico Giovanna ci aspetta al varco con vassoi colmi di torte. Siamo così arrivati alla sera alle 21: le campane di tutte le chiese partecipanti irrompono nel silenzio della valle, alcune ancora suonate a mano tirando la corda.
A Cantalupo, dopo una minuziosa spiegazione di Annalisa Fiori, il sempre-verde video di Carlo Torre accompagnato all’organo da Gigliola; a Colonne una bellissima atmosfera di luci, un quadro restaurato e riportato alla vita , un altro da restaurare nel quale intravvedere tra le ombre sbiadite paesaggi e personaggi, i racconti appassionati di Mariuccia e le frittelle di San Rocco dalla forma di corolla fiorita; a Prato altre luci e suggestioni, paramenti sacri di antichissima fattura, finemente ricamati e un messale di inizio ‘700 con il rito tridentino; si termina la serata al Santuario di Dovanelli, illuminato da cento candele, con un allegro gruppo conviviale che canta il karaoke.
Per raccontare la giornata di sabato lascio la parola a Margherita e Giampiero, due turisti da Pasturana che ci hanno mandato questo bellissimo post:
“Teo. Tre sole lettere per un borgo che è manciata di case sopra Cabella. Pietre, bosco e strette vie corrono i suoi vicoli, un piccolo oratorio fa capolino, rosa, quasi guardingo, a vigilare sull’abitato. Arriviamo in una mattina che profuma d’autunno, anche se di giugno: nubi basse a coprire il verde rigoglio panoramico, un cielo grigio che non promette di svelarsi. L’accoglienza è immediata e calorosa, in contrapposizione al meteo: la piccola chiesa è curata e “coccolata”, gli abitanti qui accudiscono i luoghi come si farebbe con le persone, con devozione. La statua di San Bernardo a vigilare e Carla che, col suo racconto, ci permette di partecipare metaforicamente alla processione del 20 agosto, alla vita semplice del paese, alla sua vocazione rurale. E poi l’allestimento di un piccolo museo, poco sopra. Foto d’epoca della scuola e di chi ha vissuto a Teo dai primi del Novecento, la migrazione e il ritorno nei luoghi cari. Caffè e colazione per tutti, non mancano sorrisi e scambi di chiacchiere, di fronte all’imponente fontana che sembra partecipare al nostro dialogo. Sento che viene nominato “Lino” più volte, lo sguardo dei residenti è rivolto ad una memoria storica attesa: mi avvicino per salutarlo e vengo colpita da uno sguardo azzurro limpidissimo. Si racconta Lino e ci spiega il vivere nella borgata: timido e un pochino restio, alla fine mostra con un certo orgoglio il suo garage, un vero museo etnografico. Spiega volentieri a chi pone domande sull’utilizzo di un attrezzo o su alcuni oggetti. Non manca un applauso scrosciante, e lui, malinconico, si commuove. Il gruppo che si è progressivamente formato prosegue a Piuzzo con una passeggiata che colpisce per le fioriture a bordo strada, in particolare dell’aglio selvatico. Comincia a piovere copiosamente, purtroppo, ascoltiamo di San Marziano, protetti nella navata della chiesa. Anche Piuzzo si snoda in salita, si notano tante fontane (bellissimo circuito a piedi segnalato proprio qui!) e case in pietra. Si popola in estate, porta rinfresco alla calura delle città. Chi ha un’abitazione di famiglia passa del tempo qui, intorno ai 1000 metri di altitudine, lasciando più in basso pensieri e preoccupazioni. Si avverte solo il rumore della pioggia adesso, e delle stoviglie perché ci viene offerto un fumante piatto di pasta, nel bar ritrovo del paese. Anche in questo pranzo ho modo di apprezzare la grande semplicità dei valori veri, l’ospitalità, il desiderio di accogliere con il sorriso. Proprio con questo spirito scendiamo nuovamente a Teo, intanto le nuvole minacciose hanno fatto spazio a qualche temerario raggio di sole. E nella camminata ancora chiacchiere, conoscenze e risate. Scendiamo a Cabella per visitare palazzo Doria e anche qui non sono mancate sorprese e condivisioni, protetti da un’aura mistica che ci ha accompagnati anche a Rosano, dove, nella bella cornice del santuario, si è tenuto il concerto del violinista Pushkarenko intervallato dai pregevoli e commossi racconti di Gianpaolo Freggiaro. La giornata è trascorsa così, tra narrazioni di vita, sorrisi e leggerezza. Mi è rimasta forte la voglia di tornare, per ritrovare la bellezza intensa e pura di quei luoghi, soprattutto rivedere quelle persone, così autenticamente ospitali, genuine, aperte. Così legate ai propri luoghi, tanto da proteggerli “portandoli” agli altri. Ho letto l’orgoglio nei loro sguardi: di mantenere vive le tradizioni con le quali sono cresciuti, quei valori come l’accoglienza e l’ospitalità che rendono speciali chi li riceve. A presto dunque… Carla, Luigina, Lidia, Simonetta…e tanti altri. La Val Borbera ha tanto da dire e da dare, al di là del tempo che scorre inesorabile nel quotidiano, nella fretta, nelle incombenze…e invece qui sembra essersi fermato. Quasi in attesa che noi, sempre così di corsa e affannati, ci si renda conto di quanto sia unico e prezioso”.
Purtroppo l’incessante pioggia rovina un po’ il previsto laboratorio per bambini al Santuario di Dovanelli: sono presenti solo in tre, ma Gabriele Pino è contento di dedicarsi tutto solo a loro. La serata del 10 giugno si conclude a Cabella con la collocazione di una preziosa statuetta della Madonna della Misericordia, in legno dipinto, datata fine ‘600 inizio ‘700, di scuola ligure e il coro Nugae da Genova ci fa ascoltare le scoppiettanti sonorità del Musical e del Quartetto Cetra.
Ed eccoci arrivati alla terza giornata: la domenica mattina si comincia con Mongiardino, si curiosa tra statue, crocifissi e paramenti sacri e si sorseggia un buon aperitivo. Il pomeriggio è affollato di appuntamenti: Vergagni con le note del violino di Silvia ad accompagnare significativi quadri e vecchie pregevoli foto; Vigoponzo con passeggiata all’oratorio della Madonna di Caravaggio, dove l’onnipresente pittore Salsa dipinse i suoi personaggi ispirandosi alle ragazze del paese; Dernice con un gruppo scultoreo del Montecucco raffigurante San Donnino nell’atto di essere decapitato che sorprende i numerosi visitatori; Cosola inondata di pioggia, tanto da essere costretti a spostare l’evento nella chiesa parrocchiale….. peccato, nella chiesa di Sant’Antunin sarebbe stato molto più suggestivo, ma volentieri il folto pubblico ha ascoltato la vivace spiegazione di Annalisa Burrone.
Chiese aperte in Val Borbera si conclude alle 21 ad Albera con un’interessantissima relazione sulla storia della chiesa che si perde nella notte dei tempi di Alberto Ramasso, un flash sull’antico gioco del Biribissi a cura delle ragazze delle scuole superiori e un gran finale con la focaccia cotta nell’antico forno a legna comunitario del paese.
Una buona affluenza di pubblico, in qualche caso non affatto scontata, ha gratificato e incoraggiato il gruppo organizzatore della manifestazione, ma il risultato più straordinario è stato proprio lui, “il gruppo” che ha lavorato in modo coeso, entusiasta e propositivo. Bravi!
Luigia Palla