“Le avventure di Pinocchio” di Carlo Lorenzini detto Collodi (dal nome del paese Natale) è probabilmente l’opera di letteratura per l’infanzia più letta e tradotta al mondo
Il “burattino” (che in realtà è una marionetta, ovvero un pupazzo di legno manovrato dall’alto con i fili, mentre il burattino viene manovrato da sotto tramite la mano) creato da Mastro Geppetto è divenuto una sorta di icona della Toscana e dell’Italia intera. Il toponimo Pinocchio è strettamente legato alla Toscana: con quel nome si designava un tempo la località di San Miniato basso nel pisano
Pinocchio è un testo che dietro l’apparente semplicità nasconde la possibilità di una lettura più complessa. Per Giacomo Maria Prati una delle chiavi di lettura fondamentale è quella del contrasto tra il mondo “pinocchiesco” dell’artista, rappresentato da Pinocchio e Geppetto, e quello della “società” e delle “istituzioni”, i mondi del potere raccontati da Collodi come qualcosa che oscilla costantemente tra l’oppressivo e il ridicolo: tutto l’opposto della retorica risorgimentale dell’Italia deamicisiana “da Libro Cuore” dominante all’epoca dell’uscita del romanzo di Carlo Lorenzini.
Come afferma l’autore, le “Istituzioni” appaiono piuttosto che contestate da Collodi sbeffeggiate, ridicolizzate o emarginate in un’area poco rilevante del racconto nella loro sostanziale insignificanza, vuotezza e assurdità”.
Nella stessa ottica, Giacomo Maria Prati legge la permanenza nel “paese dei Balocchi”: un paese di pseudo-cuccagna nel quale la “finzione è vissuta come reale” e che rappresenta una lucida visione del divertissement addomesticato e innocuo della “società dello spettacolo” contrapposto all’autenticità “anarchica” del mondo pinocchiesco. Attraverso il personaggio del Pescatore Verde, secondo l’autore, Collodi demolisce anche il mito rousseiano del “buon selvaggio”.
Le fonti culturali di Pinocchio sono ricostruite dall’autore in maniera molto minuziosa: dalle Metaformosi di Ovidio all’Asino d’Oro di Apuleio, dalla mitologia greca dal culto isiaco alla simbologia cristiana, alla metafora dantesca alle analogie con il processo alchemico, Pinocchio ci appare in questo modo un testo complesso dai molteplici livelli di lettura, appunto, un “poema iniziatico”.
La presenza della simbologia cristiana in Pinocchio, già sottolineata da altri autori nel mestiere di Geppetto (falegname come Giuseppe), nella similitudine tra la Fata Turchina e Maria, nell’elemento del legno, è individuata da Giacomo Maria Prati soprattutto nell’analogia delle avventure pinocchiesche con l’infanzia di Gesù narrata nei Vangeli apocrifi.
La più interessante e originale è forse l’analogia dantesca. Le avventure di Pinocchio come viaggio agli Inferi e ritorno. Pinocchio, sfidando la volontà paterna di restare nel “sicuro” ventre del Pesce, come Dante si riaffaccia alla Luce per “riveder le stelle” dopo il viaggio agli inferi completando la trasformazione da burattino in ragazzo, come promesso alla Fata.
Al termine del poema iniziatico, la Luce è conquistata e l’uomo appare. “I mostri per Pinocchio sono i ruoli di potere gestiti nell’ottusa stupidità, i falsi guardiani, gli ossessi del potere e del lavoro. Chi vive ai margini, come Mangiafuoco, Geppetto, la Fata, sono coloro che vivono nel fuoco e nella luce. Solo quando ha raggiunto il fondo dell’abisso, il cuore del Caos, allora l’eroe di legno torna figlio, trova il padre e riconquista la speranza e la via della liberazione”.
Nella lunga postfazione di Ezio Abrile si sottolinea l’attualità del Pinocchio collodiano e della lettura di Giacomo Maria Prati: tra gli obbiettivi del processo alchemico e della magia del periodo medioevale e rinascimentale non c’era solo la trasmutazione dei metalli, ma anche la “ri-creazione” artificiale della vita. Gli alchimisti medioevali hanno cercato per secoli di creare esseri umani dal nulla. Se leggiamo Pinocchio come figlio degli “automi” rinascimentali e antenato dei moderni robot (termine inventato da Karel Capek e poi entrato nell’uso comune) siamo spinti a chiederci se gli “automi” di oggi, i robot e le Intelligenze Artificiali, saranno in grado di compiere anch’essi il percorso iniziatico di Pinocchio e diventare indistinguibili dagli esseri umani.
Pinocchio è stato oggetto di numerose rappresentazioni teatrali e cinematografiche: per Giacomo Maria Prati il più alto esegeta di Pinocchio è stato Carmelo Bene, andato in scena per la prima volta nel 1961 e adattato per la televisione nel 1999.
Nella prefazione di Silvano Agosti, è sottolineata invece la volontà del burattino di emanciparsi dai fili che lo guidano, in un percorso verso la libertà individuale.
Pinocchio esoterico. Mitopoiesi di un poema iniziatico è un saggio che, presupponendo alcune conoscenze di base di alcuni dei temi affrontati, ripercorre il libro di Collodi dando la possibilità al lettore di costruirsi un personalissimo percorso ermeneutico e “iniziatico” attraverso le avventure pinocchiesche
Andrea Macciò
L’autore Giacomo Maria Prati è nato e vive a Tortona (Al). Avvocato, curatore, critico e saggista, si occupa di ricerca sulle tradizioni spirituali, sui linguaggi simbolici, i miti e gli immaginari antichi