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IL RUMORE DELLA NEBBIA di Mauro Macario

Ecco una nuova e gradita recensione che ci giunge in redazione dal nostro Andrea Macciò

Il Rumore della Nebbia” di Mauro Macario, figlio del notissimo attore e comico piemontese Erminio, è una raccolta poetica della primavera del 2023 che affronta con ironia, talora sferzante, e con spirito vicino al surrealismo il tema della vecchiaia e dell’avvicinarsi di quell’ “invisibile tanto evocato e temuto” come afferma Marco Ercolani. È esattamente questo “il rumore della nebbia” sentito dal poeta. L’associazione tra la nebbia, la morte e la dissoluzione dell’esistente ricorda in un certo senso la notissima Nebbia del Pascoli, dove questo fenomeno meteorologico svolge lo stesso ruolo simbolico.

Sono voci disgelate/in libera dispersione/ tra lampioni ex voto/ alberghi chiusi/case serrate/bello risentirle/per poi entrare nella nebbia per sempre (Il rumore della nebbia). Molte delle poesie di Macario sono dedicate alla rievocazione di ciò che resta di “speranze, rancori, rimpianti, desideri d’amore” (dalla prefazione di Marco Ercolani) e di istanti irripetibili di vita che non torneranno mai più. Una nostalgia evidente in poesie come Racconto di Periferia. A differenza del Pascoli, però, in Macario la vena malinconica e nostalgica è mediata da un distacco ironico costante che lo porta in alcune liriche a mettere in scena una satira spietata dell’iper-razionalismo materialista e tecnocratico di oggi, nel quale la società dell’algoritmo e dell’intelligenza artificiale rischiano di uccidere per sempre la poesia e l’arte Guardano l’emporio commerciale/ come fosse un’opera di Gaudi/ o la cattedrale di Chartres/dipende dalla fede che li anima/se vacilla/si rafforza ai saldi (Luogo di culto) Paese mio/ quando sarai libero/da questi folli sognatori/saprai che non si governa/solo con gli algoritmi/ma che le parole d’oro/ti esploderanno tra le mani (Manifesto dei sommersi). Un senso di distacco dalla spoetizzata società di oggi si avverte nella lettura di questi versi.

 Una raccolta varia nei toni e nella lingua poetica, talora spiazzante, caratterizzata da un linguaggio che prescinde spesso dall’esasperato sperimentalismo linguistico della poesia di oggi, nel quale troviamo anche opere come “Il camerino di Lucrezia (Al Castello di Gradara)” nel quale il poeta immagina la sensuale materializzazione di una donna rappresentata in un quadro rinascimentale. Non voglio un angelo custode/ma lo spirito sensuale di Lucrezia/ che venga a spogliarsi/cinque secoli dopo (Il camerino di Lucrezia).

E “Finale con orchestra e solista” ci ricorda che in realtà un finale non ci sarà, e che il poeta continuerà “fino all’ultimo respiro” a scrivere e a creare.

Andrea Macciò

Mauro Macario, nato a Santa Margherita Ligure nel 1947, ma di origini piemontesi, ha pubblicato numerosi volumi di poesia, le biografie del padre Macario un comico caduto dalla luna (1998) e Macario mio padre (2007) e il romanzo Ballerina di Fila (2004) oltre a essere curatore di numerose antologie.
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