Una lettera dall’archivio di Novi per capire un periodo storico complicato
Un legame tra l’Oltregiogo e l’Oriente, tra il tentativo di un Ordine in decadenza di riottenere prestigio e la lotta (eterna) tra il Bene ed il Male
La base, una lettera non firmata, ritrovata nell’Archivio storico comunale di Novi Ligure, scritta nel Cinquecento. L’autore si definisce un membro “di Rodi dell’ordine jerosolimitano” (i cavalieri dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme) e descrive un avvenimento soprannaturale accaduto in Oriente.
Il 23 maggio 1554, la citta di Bracham, nel regno di Babilonia, avrebbe visto la nascita di un bambino particolare. Membro della famiglia di Lachas, era dotato di “facia … oribile co’ li denti acuti a uso de gatto … e … li ochii fagosati et spaventosi”.
Dopo appena 8 giorni, il neonato poteva parlare come un adulto, tenendo sermoni al popolo in cui dichiarava “di essere vero figliolo de Dio” e vero Messia. Per provarlo, risanava gli ammalati, risuscitava i morti, faceva piovere manna e pietre preziose e volare serpenti ed altri mostri.
Interrogato su questi ultimi fenomeni, il bambino spiegava come manna e gioielli preannunciavano dopo la morte per i suoi seguaci la beatitudine eterna, mentre i serpenti avvertivano gli infedeli della futura eterna dannazione.
Il bambino citava anche la frattura di una montagna, che aveva portato alla luce una colonna “meza biancha e meza rossa”, con una scritta in ebraico “è venuta l’ora del mio nasimento nel mondo”. Come prevedibile, la natura del bambino suscitava discussioni. Per alcuni era l’Anticristo, mentre altri, tra cui un frate viterbese maestro di teologia, lo veneravano come Figlio di Dio.
In cerca di più dati, l’Ordine di San Giovanni aveva inviato due cavalieri ad indagare. Nel loro rapporto, gli investigatori sostengono di aver visto il bambino compiere diversi atti miracolosi.
Per l’anonimo autore, non vi sono dubbi: il bambino nato a Babilonia è sicuramente il figlio di Satana, arrivato per annunciare l’Apocalisse e la fine del mondo. Dunque, la salvezza passa per il pentimento ed il ritorno alla Chiesa: “vogliamo permaner fermi e stabili e constanti ne la santa fede acio possino goldere quella celeste patria per infinita secula seculorum amen”.
Per capire la lettera, bisogna rievocare il quadro generale dell’Ordine Gerosolimitano nel periodo della scrittura.
Questo era nato come altri Ordini Militanti, per proteggere i pellegrini cristiani e favorire la conquista della Terra Santa, aveva subito i loro stessi problemi. Il fallimento definitivo delle Crociate, i contrasti politici tra cristiani stessi, l’arrivo del protestantesimo avevano costretto i Cavalieri a reiventarsi. Così, come i loro fratelli, i Gerosolimitani d’Oltregiogo avevano unito la pratica militare e l’assistenza all’insegnamento ed alla predicazione.
La lettera trovata nell’archivio novese si dimostra esempio calzante dei metodi dell’epoca per spingere alla conversione.
La descrizione dell’Anticristo, il mistero della sua nascita (lo scrittore lo ritiene prole di una “dona de stirpe incognita” e del “padre se sa alcuna noticia”), il mix di meraviglia ed orrore: tutti gli ingredienti per un buon racconto mirato a rinsaldare la fede.
E l’unione tra azioni militari e culturali funzionò, almeno nell’Oltregiogo.
Nel ‘700, in pieno Illuminismo, l’Ordine Gerosolimitano nell’Oltregiogo manteneva proprietà pregiate ed invidiate, come la Chiesa di San Bartolomeo presso Cassano Spinola ed i terreni allegati, come sempre impiegate per l’aiuto a malati e bisognosi. A volte, persino dall’Anticristo può venire il bene.
Matteo Clerici
NOTA: l’immagine in apertura dell’articolo è presa dal sito blogs.bl.uk