La fondazione di Dertona come colonia romana secondo gli storici è databile tra il 118 e il 123 a.C.
La città esisteva già, ed era un importante centro dei Liguri, una delle popolazioni di origine celtica che popolavano l’Italia del nordovest e quella centro-orientale prima della conquista da parte di Roma. Il fatto che le vicende di quel periodo siano state tramandate da storici romani (ovvero come sempre accade, dai vincitori) rende oggi molto ardua la ricostruzione storica delle civiltà che abitavano l’Italia prima della romanizzazione
Dertona era al centro delle vie di comunicazione dell’Impero Romano: qua passavano la Via Postumia, che collegava Genova ad Aquileia passando per l’antica città di Libarna, la Via Aemilia Scauri, che collegava Vada Sabatia (oggi Vado Ligure) e la Via di Vercelli con Roma e Scauri, città natale del console che ne volle la costruzione, oggi frazione marittima del comune di Minturno nella provincia di Latina. La zona era anche attraversata da un importante acquedotto, che collegava Tortona al vicino centro di Villavernia.
Nella prima metà del Novecento, in seguito a lavori edilizi, sono emersi i resti dell’antica città di Dertona. Oggi Tortona è una delle tante piccole città del nordovest che gravitano sulla città metropolitana di Milano, alla quale è collegata da buoni servizi stradali e ferroviari, mentre il capoluogo regionale Torino appare, in tutti i sensi, molto lontano. Dell’antico e glorioso nome latino resta memoria nei “leoni” della squadra di calcio, il Derthona, in quella di basket e nei numerosi resti archeologici disseminati per il centro storico e la collina.
Per Inchiostro Fresco, siamo andati alla scoperta del vasto patrimonio archeologico tortonese.
Arrivando da Arquata Scrivia, il primo reperto che si incontra sono i resti dell’antica strada romana, la Via Emilia, nei pressi di Corso Leoniero.
Proseguendo verso Voghera, incontriamo, nel cortile della Chiesa di San Matteo, un’antica struttura, sicuramente di epoca romana, che una leggenda, forse vera, afferma essere il mausoleo dell’Imperatore Giulio Valerio Maiorano, ucciso nel 461 d.C. a Tortona, a tradimento, dal generale goto che era teoricamente un alleato di Roma. Per molti storici “l’ultimo Imperatore” non è Romolo Augustolo, deposto nel 476 d.C., ma Maiorano, l’ultimo ad aver preso provvedimenti politici, stretto alleanze e riconquistato territori come parte della Spagna.
Una breve deviazione sulla provinciale che porta a Viguzzolo e in Val Curone, adiacente al cimitero cittadino, conduce alla struttura di Via Rinarolo, risalente al I sec a.C., probabilmente parte della cinta muraria. La presenza di contrafforti ricorda le opere di terrazzamento dette opus vittatum (cubi di pietra alternati a mattoni) presenti nell’Italia centro-meridionale. Il sito archeologico, visibile dall’esterno, è anche visitabile su prenotazione.
Ritornando sull’asse della Via Emilia in direzione Voghera, sul lato destro della strada troviamo gli imponenti resti di una necropoli romana di età augustea. Si tratta di monumenti che coprivano l’area sepolcrale, non di vere e proprie tombe. Le strutture, in ottimo stato di conservazione, sono in pietra arenaria. Alcuni resti si trovano anche sul lato sinistro.
Nel 1989, sempre in Via Emilia, sono venuti alla luce i resti della Chiesa e dell’Ospedale di Santa Croce, risalente al XII sec. ma costruito sull’area di una domus romana della quale restano le strutture fondative.
Spostandosi verso la collina, troviamo il monumento più importante, il resto murario di Via alle Fonti. Una struttura imponente, alta oltre due metri, costruita con un nucleo di pietrame irregolarmente gettato a secco rivestito da un paramento di locchi di calcare, allineati in filari orizzontali e regolari. Secondo alcune ricostruzioni, il monumento sarebbe stato restaurato per l’ultima volta nel XVI Sec.
Gli antichi romani, a differenza di quanto accade oggi, costruivano le opere murarie e di ingegneria sub specie aeternitatis, ovvero nella prospettiva che restassero in piedi e attive per sempre: e ancora oggi, la città di Roma usufruisce di parte dell’acquedotto e della cloaca costruite in età imperiale, a Rimini il Ponte di Tiberio è aperto al traffico pedonale e automobilistico, e le vie consolari, Emilia, Appia, Salaria, Aurelia, sono ancora oggi importanti arterie di comunicazione.
I resti delle mura cittadine, di datazione però incerta, sono visibili anche nella collina del Castello.
La visita alla Derthona romana si conclude nel nuovo Museo di Archeologia Romana, recentemente riallestito e riaperto al pubblico, presso Palazzo Guidobono. Tra i pezzi più interessanti conservati nel Museo, il famoso sarcofago di Publio Elio Sabino, la lapide del soldato tortonese Aurelius Veterano, una statua che ritrae una figura femminile non identificata e i resti dei tubi dell’acquedotto che collegava Derthona a Villavernia, oltre agli oggetti di uso quotidiano degli antichi romani.
Altri reperti archeologici provenienti da Derthona si trovano nel Museo Civico di Alessandria, Palazzo Cuttica, anch’esso riaperto poche settimane fa dopo una lunga chiusura per restauri.
Andrea Macciò