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IN ESPOSIZIONE UNA SERIE DI CAPOLAVORI DI ARTISTI INGIUSTAMENTE CONSIDERATI “MINORI”

Ad Asti in mostra “Segreti ed enigmi della natura morta” tra Octavianus Monfort e La Canestra di Caravaggio

Fino al 7 aprile presso Palazzo Mazzetti ad Asti è aperta la mostra La canestra di Caravaggio. Segreti ed enigmi della natura morta”.

Lo “still life

L’italiano natura mortaè la traduzione dell’inglese still life vita ferma letteralmente, locuzione che in Italia usiamo per lo stesso genere in versione fotografico. Still Life forse sarebbe più corretto anche per la pittura, in quanto molte opere di “natura morta” sono in realtà composizioni di oggetti inanimati, come le celebri bottiglie del Morandi.

Se la mostra è intitolata al celebre dipinto Canestra di frutta (1597-1600) del grande Michelangelo Merisi detto Caravaggio, un “escamotage” anche di marketing che è utilissimo ad accendere l’interesse del grande pubblico su mostre di grande rigore scientifico e critico che mettono in luce autori ingiustamente considerati minori, l’autore maggiormente rappresentato in mostra è Octavianus Monfort (documentato in attività dal 1646-1696).

Le “nature morte” di Octavianus Monfort

Le nature morte di Octavianus Monfort sono molto particolari e caratterizzate da un tratto personalissimo: sono tutte dipinte a tempera su pergamena.

Rappresenta composizioni di fiori e frutti su alzate di metallo cesellato, vassoi, tavoli e ripiani, tutte con uno sfondo bianco e caratterizzate da raffinate composizioni volumetriche e chiaroscurali, ben riconoscibili per la cura dei dettagli e la raffinatezza stilistica.

È proprio questa luce “bianca” e fredda che rende quasi uniche in Italia le nature morte di Monfort, quando la pittura barocca dell’epoca rappresentava fiori, frutti, pesci, oggetti con colori molto più accesi e di norma in ambienti scuri: in mostra ne abbiamo diversi esempi, come le opere dell’artista di Fano, Sebastiano Ceccarini, di Francesco Noletti detto “Il Maltese” che inserisce nel suo still life un sontuoso tappeto rosso, ma anche di autori più noti come Orsola Maddalena Caccia, la figlia d’arte di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo. Uno fondo chiaro simile caratterizza invece appunto “La Canestra” che potrebbe essere annoverata quindi tra le fonti culturali del Monfort.

Per alcuni aspetti, le nature morte del Monfort hanno lo stesso fascino dei dipinti sacri “a fondo oro” del periodo prerinascimentale e assomigliano allo stile arcaico fiammingo di George Hoefnagel, che in parte caratterizza anche Orsola Maddalena Caccia, della quale troviamo un’opera in mostra.

Chi era Octavianus Monfort

Nonostante la sua originalità, sono pochissime le notizie biografiche di questo autore. Si sa che era originario del Monferrato e che conseguì nel 1646 una “patente di favore” dalla Duchessa Cristina di Francia, con la quale maturò il diritto a un vitalizio annuale per la sua abilità nell’arte della miniatura. Possibile anche che Octavianus fosse un fiammingo che abbia, come molti altri all’epoca, lavorato prevalentemente in Italia.

Le altre opere

Interessanti anche le composizioni del fanese Sebastiano Ceccarini, che se si distingue dal Monfort per la tecnica e l’uso del colore, si avvicina allo stesso per l’essenzialità della composizione pittorica. Ceccarini non è stato uno “specialista” della natura morta, ma un pittore eclettico, che nella sua città natale nelle Marche ha lasciato anche numerosi dipinti sacri nei quali è possibile intravedere l’influenza del Caravaggio per l’uso della luce.

In mostra anche alcune opere del francese Sebastien Regnier nelle quali lo “still life” si accompagna alla rappresentazione della figura umana.

Nel percorso espositivo anche alcune opere di Jan Brughel il Giovane e del bergamasco Bartolomeo Bettera, che evidenziano la rivoluzione esercitata da Caravaggio sulle generazioni successive e che conducono una ricerca quasi esclusivamente dedicata alla Natura Morta, investigando i cambiamenti cromatici e luministici su elementi naturali privi di movimento.

Le composizioni di Bettera rappresentano non fiori, frutti, pesci, animali, ma esclusivamente oggetti inanimati come gli strumenti musicali.

La “canestra” e il Cardinal Borromeo

La Canestra è un prestito concesso in via straordinaria dalla Pinacoteca Ambrosiana, prestigiosa istituzione milanese che lo accolse nella sua collezione fin da quando il Cardinale Borromeo lo acquistò all’inizio del ‘600.

La mostra ricostruisce il motivo probabile per il quale il Cardinal Borromeo acquistò quest’opera. Se la pittura sacra aveva allora funzione non solo estetica, ma anche pedagogica e pastorale che passava attraverso la rappresentazione di scene evangeliche o devozionali nelle quali era centrale la figura umana, Caravaggio fu il primo pittore a cancellare la presenza umana, riservando alla frutta raccolta in un cesto il compito di comunicare il messaggio devozionale che il Concilio di Trento attribuì ai prodotti della terra. Il successo di questo quadro fu immediato, e secondo l’ipotesi del curatore proprio questo quadro potrebbe aver dato origine al genere della Natura Morta.

Un video illustra i significati simbolici attribuiti dalla critica alla frutta e agli oggetti rappresentati.

La mostra

La mostra, curata dallo storico dell’arte Costantino d’Orazio (curatore anche della mostra “Amarsi” aperta nello stesso periodo a Palazzo Montani Leoni di Terni) mette in evidenza la diffusione dell’iconografia e il suo sviluppo attraverso oltre venti preziose tele prestate da collezioni private e dai più prestigiosi musei italiani. Opere che evidenziano la rivoluzione esercitata da Caravaggio sulle generazioni successive e che conducono una ricerca quasi esclusivamente dedicata alla Natura Morta, investigando i cambiamenti cromatici e luministici su elementi naturali privi di movimento. Uno dei meriti della mostra è senza dubbio quello di mettere in luce alcuni autori ingiustamente considerati “minori” in particolare l’interessantissimo Octavianus Monfort al quale è dedicata una sorta di “mini-personale” con otto opere.

                                                                       Andrea Macciò

La mostra resterà aperta fino al 7 aprile 2024 presso Palazzo Mazzetti di Asti dal martedì alla domenica 10-19.

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