Un Maestro templare come Padre della patria alessandrina
500 monete d’oro. Una somma importante, necessaria per trasformare un gruppo di borghi spersi nelle paludi dell’Oltregiogo nella città di Alessandria. Una cifra importante, prestata dal Gran Maestro Templare al Papa Alessandro III, per fede e necessità belliche
Questa la tesi di Ferdinando Caputi, archeologo in pensione, presentata durante una serata speciale al Museo della Gambarina, nella città piemontese
Il lavoro di Caputi e dei sui colleghi si basa su un documento, ritrovato nell’Archivio Segreto della Biblioteca Vaticana. Il testo esaminato è l’Opus Metricum II. Opera del Cardinale Iacopo Caetani degli Stefaneschi, riporta la lettera di credito, il suo protagonista, e lo scopo della cessione del denaro.
La lettera arriva da Bertrand de Blanchefort, che fu maestro templare dal 1156 al 1169 ed autore di un governo particolare.
I fallimenti militari (come la sconfitta contro Nur Al Din ed il rifiuto a partecipare) sono bilanciati dalla sua capacità diplomatica. Il titolo da lui scelto, “Maestro per la grazia di Dio”, servì per rinsaldare i rapporti con la Chiesa, mentre il potenziamento del ruolo dei cavalieri come controllori del Maestro stabilizzò l’Ordine e renderlo negoziatore valido tra i cristiani ed i musulmani della Terra Santa.
Questi ideali si riflettono nel documento
La lettera di credito, datata 1167, giustifica il prestito a Papa Alessandro III “Per formare la città di Civitas Nova tra il Tanaro ed il Bormida… incentivando la riunione dei borghi Gamondium, Bergolium, Roboretum e Marengum”.
La motivazione, un gioco di equilibrio tra il sacro ed il profano. L’indubbio sostegno alla chiesa (non a caso la Civitas Nova prenderà il nome del pontefice) si collega ad obiettivi di tipo militare.
La lettera esprime esplicitamente lo scopo di “Popolare la zona e fortificarla” e “Tutelare il territorio scelto dalla Lega Lombarda”.
I Templari univano infatti l’attività in Terra Santa con il loro ruolo di protettori di religiosi e pellegrini nell’Europa Cristiana. E la Civitas nova Alessandria si poneva in una posizione strategica: protetta da due fiumi, era una delle tappe della Via Francigena, il percorso che portava i devoti a visitare i luoghi santi del Continente, come Roma e Compostela. Non stupisce quindi come, già pochi anni dopo la fondazione, i Templari fossero presenti sul suolo cittadino.
Documenti degli inizi del Duecento parlano già di una precettoria: un complesso dell’Ordine, che comprendeva diversi edifici e la chiesa di Santa Maria di Sterpono, posto strategicamente nella zona di Bergoglio, custode dei ponti che collegavano la campagna con la città vera e propria.
Sacro e profano, devota fede e brutale calcolo militare: fin dall’inizio, la città di Alessandria si presenta come una miscela di ideali e valori. E forse, il suo fascino è iniziato così.
Matteo Clerici