Buffa la storia del cavallo in America. E’ in questo continente che “nasce” il cavallo, il piccoletto Eohippus, una cinquantina di milioni di anni fa. Si evolverà poi fino a diventare quello che è il cavallo “moderno” (producendo anche varie discussioni appassionanti tra gli esperti) e si diffonderà negli altri continenti attraverso quello che ora è lo stretto di Bering, ma che fu un ponte fra Eurasia ed Americhe in occasione di varie glaciazioni. In particolare lo fu circa 10.000 anni fa, quando l’uomo si diffuse nel “Nuovo continente”. Il “ponte” fra Asia e America, detto Beringia, si creava quando la sottrazione di acqua dagli oceani, immagazzinata sotto forma di ghiacciai, faceva abbassare, e di molto, il livello del mare.
L’immagine mostra lo stato dello “stretto di Bering” circa 15000 anni fa. L’immagine originale, che mostra l’intero planisfero, si trova qui: https://www.deviantart.com/jaysimons/art/The-World-Ice-Age-Borders-only-454280215
Il cavallo poi si estinguerà nel continente americano, grosso modo contemporaneamente all’arrivo in America della specie umana (e vi sono teorie che stabiliscono un nesso fra questi due fatti), per ricomparirvi, portato dagli europei a seguito della scoperta di Colombo e successive spedizioni. Alcuni cavalli riuscirono a sfuggire e trovarono, in particolare nelle ampie e verdi praterie del nord americano, un ambiente loro particolarmente favorevole. Vennero riaddomesticati dagli “indiani”, per i quali divennero un ausilio fondamentale. Molti rimasero liberi, e alcuni lo sono tutt’ora: sono i cosiddetti mustang che, contrariamente a quanto si possa pensare, non sono né una razza, né cavalli selvaggi. Si tratta di cavalli rinselvatichiti (addirittura, nei secoli scorsi, in buona parte temporaneamente rinselvatichiti) e si tratta di una “popolazione”, o più popolazioni, non di una razza come è, per esempio, il Bardigiano o lo Holsteiner.
Non sono cavalli selvaggi neppure i pochi pony Misaki che vivono allo stato brado in Giappone. Ma ce ne sono, allora, di cavalli selvaggi in giro per il mondo? No. Neanche la specie Equus ferus przewalskii (in “copertina” una sua foto in abito invernale), nonostante l’aggettivo “ferus”, non conta su nessun individuo autenticamente selvaggio. Quei pochi che scorrazzano liberi per la Mongolia, provengono da zoo o istituzioni similari, e vennero rilasciati nel contesto di un piano di “ripopolamento”. E questo, s’intende, vale ancor più per i cosiddetti cavalli selvaggi dell’Aveto, diventati un’attrazione turistica della zona.
Thor, un esemplare di cavallo bardigiano, la razza dei cavalli dell’Aveto
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