Canapa, settore fuori da Ddl Sicurezza; migliaia di imprese a rischio

«Non intendiamo fare un passo indietro rispetto all’emendamento 13.6 al Ddl Sicurezza che propone di vietare le infiorescenze della canapa industriale e i prodotti da esse derivati. Continuiamo a ritenere inaccettabili, infatti, sia il richiamo pretestuoso in un disegno di legge più indicato per i blocchi stradali, sia i limiti imposti alla produzione di un comparto da 500 milioni di fatturato su base annua, con 30 mila occupati in tutta Italia»: con queste parole il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani Cristiano Fini spiega la posizione dell’Organizzazione.

Secondo Cia siamo di fronte a un emendamento molto penalizzante per gli agricoltori che nel corso degli anni hanno investito in una coltura legale e ad alto valore aggiunto. Sarebbero, dunque, pesantissime le ricadute su filiere agroindustriali di eccellenza come la cosmesi, il florovivaismo, gli integratori alimentari, l’erboristeria che nulla hanno a che fare con le sostanze stupefacenti.

Nel dettaglio, non è ammissibile, per Cia, il coinvolgimento di migliaia di imprenditori agricoli in un disegno di legge governativo che si occupa di sicurezza, tra blocchi stradali e castrazione chimica. E come se non bastasse, nel Ddl in questione potrebbero esserci ulteriori restrizioni anche nel vietare il simbolo grafico della pianta di canapa, di fatto bloccando le pubblicità dedicate ai prodotti industriali e artigianali di eccellenza come per la bioedilizia, il tessile e la cosmesi.

Non trascurabili, infine, le ripercussioni economiche dell’emendamento al Ddl Sicurezza, sulle imprese floricole di produzione della canapa, così come già segnalato al sottosegretario Patrizio La Pietra, dall’Associazione Florovivaisti Italiani-Cia.

Si è recato a Roma, per partecipare alla conferenza stampa svoltasi ieri alla Camera dei Deputati, anche il socio Cia Alessandria Stefano Piccardo, che spiega: «Bisogna distinguere tra l’eliminazione di sostante stupefacenti e un settore produttivo che nulla ha a che vedere con l’illegalità. Migliaia di aziende sono a rischio, le condizioni sono già difficili. Molti agricoltori si sono riuniti assumendo un ruolo attivo nella partecipazione a questo dibattito e per contribuire a fare una corretta informazione».

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