SAFEGUARDING

A chi frequenta una associazione sportiva sarà capitato di sentire ultimamente questa parola: “safeguarding“. E’ una delle tante parole inglesi che per qualche motivo è stata preferita alla equivalente parola o locuzione italiana. Come “best practices”, oppure “spending review”, oppure… continuate pure voi, gli esempi non mancano. Ma non voglio parlare di questo aspetto, sussidiario, della questione.

Il termine “safeguarding” ha a che fare con la protezione dei minori. Assieme alla “Riforma dello sport“, è una novità che ha recentemente investito il mondo dello sport e, più precisamente, quello delle associazioni sportive. Proprio ieri ho registrato presso l’Agenzia delle Entrate il nuovo statuto della “A.S.D. Scuderia La Bellaria”, approvato in una assemblea straordinaria all’uopo convocata. Beh, esattamente come per il “safeguarding”, il rischio maggiore di queste novità è che una risposta burocratico-formale vada a prevalere sulla sostanza.

E’ notizia di questi giorni la contestazione fatta dalla Guardia di Finanza ad un maneggio che la GdF ritiene fosse una “Associazione Sportiva Dilettantistica” solo da un punto di vista formale, ma non sostanziale. Ovviamente non so se le obiezioni siano fondate nel caso specifico, ma quello che apprezzo è proprio il tentativo di andare oltre “la facciata”. Ho citato la registrazione del nostro nuovo statuto, atto obbligatorio, ma osservo che questo nuovo statuto non sposta di una virgola la sostanza di quello che facciamo: sono state semplicemente modificate o aggiunte, dove necessario, parole e frasi nel formato desiderato dalla Riforma, ma la nostra attività non viene minimamente alterata rispetto “al giorno prima”.

Ho l’impressione che anche per il “safeguarding” ci sia il rischio di una soverchia attenzione ai dettagli formali, alla creazione di apposite figure ed istituti, mentre magari la sostanza non viene alterata. Proprio poco fa, nello scegliere le foto da pubblicare sui social, ho messo in pratica misure di “safeguarding” che, poi, altro non sono che considerazioni di buon senso. Tra le foto ricevute di minori, un paio mi sono sembrate non appropriate per la pubblicazione e le ho scartate. Molto semplicemente. E, naturalmente, non è la prima volta (a volte è capitato anche con maggiorenni, eh!). Sottolineo come noi, quando un minore fa domanda di associazione, assieme alla solita pappardella sulla privacy (anche qui…), chiediamo anche esplicitamente l’ok alla pubblicazione di foto e filmati in rete (lo chiediamo a un genitore e anche, se del caso, al minore stesso). Ma questo ovviamente non vuol dire che non prestiamo attenzione a ciò che pubblichiamo.

Vorrei anche osservare che questa cautela nella scelta di quali foto pubblicare sui social a volte viene meno proprio da parte dei genitori. Vabbè che si tratta di loro figli, ma non dovrebbero dimenticare che sono comunque soggetti autonomi, portatori di diritti e in particolare di una loro dignità meritevole di essere tutelata.

Nota: l’immagine di presentazione di questo articolo proviene dal sito del Comitato Regionale Puglia della FISE, ed illustra una “news” (ehm…) proprio dedicata al “safeguarding”

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