NOVI LIGURE: ANDREA SCOTTO PRESENTA IL SUO NUOVO LIBRO

Siamo in un’epoca, quella del Barocco, durante la quale Novi Ligure era così descritta: “Solo per mancanza di Vescovo non è Città, peraltro in ricchezze di mercadanti, in nobiltà di molte famiglie illustri, in magnificenza di Chiese, e Monasteri, in abbondanza d’ogni sorte di merci, e in numero di popolo, può esser connumerato con le buone Città.”.

Così scriveva nel 1658 padre Antero Maria da S. Bonaventura, agostiniano genovese, senza neppure immaginarsi che giusto venticinque anni dopo sarebbe stato avviato un cantiere che, una volta portato a termine, avrebbe rivaleggiato con quelli delle grandi città: il nuovo edificio della Parrocchiale di San Nicolò.

Un progetto ambizioso, forse troppo per la sua epoca, che per ragioni di costo incontrò numerose difficoltà, tra le quali alcuni anni di fermata ai lavori, e che fu concluso sì, ma con alcuni compromessi che lasciarono nell’edificio diversi particolari incompiuti.

Alcuni li possiamo vedere tuttora, altri divennero una sorta di “tabula rasa” sulla quale artisti di epoche successive al Barocco ebbero l’opportunità di esprimere il proprio talento arricchendo San Nicolò di una bellezza che si affianca all’incompiutezza tanto nell’edificio quanto nel titolo di questo libro.

In realtà questa chiesa compare sulla scena della storia novese molto prima, nel gennaio 1135, quando proprio lì i rappresentanti dell’intera popolazione novese si riunirono per discutere i termini della propria alleanza con Pavia e Genova, contro Tortona.

Il fatto che la prima pagina di storia di San Nicolò sia “laica“, e non “ecclesiastica“, oggi ci stupisce perché dopo l’affermazione, nel pensiero filosofico e nell’agire pratico, delle dottrine illuministiche, ci sfugge quell’intima unione tra “sacro” e “profano“, tra “mente” e “corpo” che in passato era invece considerata un fatto del tutto scontato.

Non a caso, infatti, le antiche chiese di Novi Ligure, compresa S. Nicolò, riassumono nel proprio spazio dinamiche e rapporti di forza nati e sviluppati al di fuori di esse, ma che i Novesi dell’epoca vollero riprodurre anche all’interno di edifici religiosi.

Questa compresenza tra fede, storia e arte è il “fil rouge” che lega tutto il libro, compreso il racconto della scelta dei Santi Patroni per l’intera chiesa e per alcuni tra gli altari laterali: aspetti che forse ancor oggi, in un’epoca post-moderna come la nostra, possono farci riflettere.

Dialogherà con l’autore il giornalista Maurizio Iappini.

La redazione

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