
Il corso è stato organizzato dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Tortona con il contributo della Delegazione del Tortonese della Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali
Sabato 29 marzo si è concluso il corso per Volontari Chiese Aperte Anno 2025 con la visita di tre fra le perle più suggestive della Diocesi di Tortona (facente parte della provincia ecclesiastica di Genova) incastonate nei territori di confine fra Liguria e Piemonte: il Santuario di Nostra Signora di Montebruno con annesso l’ex convento dei frati agostiniani ed il museo contadino; la chiesa di Sant’Onorato di Arles a Torriglia e la Chiesa di Santo Stefano a Casella con relativo Oratorio di Sant’Antonio Abate.
Il corso è stato organizzato dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Tortona con il contributo della Delegazione del Tortonese della SIPBC – Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali. Destinatari della formazione sono stati i volontari partecipanti al progetto Chiese Aperte 2025 ai quali sono state proposte 3 lezioni on line e due giornate itineranti di visite. Il portale www.cittaecattedrali.it raccoglie le schede descrittive dei beni culturali ecclesiastici, le informazioni per indirizzare i visitatori verso un’esperienza di visita informata e consapevole, i luoghi di storia e di arte sacra organizzati in itinerari geografici e tematici. La fruizione di questo grande patrimonio è resa possibile dai volontari, che con impegno e passione si propongono per offrire ai visitatori ed ai pellegrini apertura dei siti, accoglienza e narrazioni. Il portale www.cittàecattedrali.it ha di recente avviato la sperimentazione del progetto “Chiese a porte aperte” volto ad aprire e far visitare autonomamente i beni culturali ecclesiastici del Piemonte e della Valle d’Aosta con l’ausilio delle nuove tecnologie. Scaricando l’App gratuita appositamente predisposta, dopo aver effettuato l’accesso tramite QR, si viene guidati alla scoperta del bene al suo interno attraverso un’installazione multimediale costituita da una narrazione storico – artistico – devozionale accompagnata da un sistema di luci mobili e di micro proiettori.
Il percorso di formazione organizzato dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Tortona, grazie ai contributi che la Diocesi riceve dalla CEI con l’8 per mille alla Chiesa cattolica
Dopo la prima giornata riservata alla visita itinerante nell’Alta Val Borbera tenutasi nell’autunno 2024, i volontari hanno potuto apprezzare nella seconda giornata itinerante del 29 marzo 2025 l’incanto dei segreti celati nel Santuario di Nostra Signora di Montebruno (Ge) e nella Chiesa di Sant’Onorato di Arles a Torriglia (Ge) grazie alla guida esperta di Don Pietro Cazzulo, castellettese di origini, infaticabile Sacerdote della Val Trebbia con numerose fra chiese e chiesette da seguire.


La visita al borgo di Casella è stata guidata dall’ing. Andrea Tacchella coadiuvato dagli appartenenti alla Confraternita di Sant’Antonio Abate, taluni dei quali nei coreografici costumi d’epoca.
Il dott. Simone Rivara, esperto dell’Università di Genova in Conservazione dei Beni Culturali ha condotto la prima serata on line con un interessante percorso sulle tracce della scultura lignea genovese in Oltregiogo e a Tortona.
Altrettanto coinvolgente il viaggio fra i sentieri di marmo, un percorso fra altari e cappelle, che il prof. Roberto Santamaria, grande esperto di arte e storia medioevale ha condotto con maestria nella seconda serata.
La Arch. Stella Daffonchio ha brillantemente trasportato i volontari lungo il percorso iniziato originariamente con la valorizzazione di San Sebastiano Curone e culminato nel progetto UVA – Una Valle di Artisti – con la realizzazione di un polo museale diffuso lungo le Vie del Sale che raccoglie le tracce e le opere dei tanti artisti nati nelle terre tortonesi e delle valli circostanti
1) – Il Santuario di Nostra Signora di Montebruno


Originariamente fondata come chiesa di Santa Maria Assunta, secondo la tradizione locale sul luogo dove oggi sorge il santuario vi fu, nel 1478, una miracolosa apparizione della Vergine Maria. Il racconto popolare asserisce che la Madonna apparve ad un pastorello muto che, alla vista della Signora, riacquistò miracolosamente la parola per poi annunciare alla popolazione di Montebruno il lieto evento.
Gli abitanti accorsi sul luogo dell’evento ritrovarono sul tronco di un albero di faggio una statua in legno raffigurante la Vergine; oggi l’effigie mariana è collocata sull’altare maggiore.
A seguito della presunta apparizione si intraprese la decisione di erigere sul luogo un santuario che, secondo un antico testo datato al 1486, ricevette il consenso del pontefice Innocenzo VIII tramite apposito decreto pontificio.
L’iniziativa della concreta edificazione fu per volere del frate agostiniano beato Battista Poggi, fondatore della casa madre della congregazione agostiniana del convento della Consolazione di Genova.
Attualmente, nel chiostro inferiore del convento è allestita una mostra fotografica permanente dedicate ai luoghi di culto della val Trebbia.
Al piano superiore è ospitato il museo del sacro e il museo contadino dell’Alta Val Trebbia.
2) – La Chiesa di Sant’Onorato di Arles a Torriglia


Si presume che inizialmente i monaci lerinesi dell’abbazia di Lerino, della cui regola sant’Onorato fu fautore, operanti nel territorio della val Trebbia avessero fondato un primo edificio di culto. Successivamente, la struttura subì una prima ristrutturazione nel XVI secolo e, in seguito, una ricostruzione agli inizi del XVII secolo conservando tuttavia al proprio interno la statua marmorea principale raffigurante il santo e altre sculture nelle due navate laterali.
3) – Chiesa di Santo Stefano a Casella


Già dal XII secolo parte della diocesi di Tortona, l’edificio è menzionato in una bolla papale del 1196 di papa Celestino III come dipendenza dall’abbazia di Precipiano (Vignole Borbera)
L’attuale struttura venne edificata nelle forme essenziali tra il 1718 e il 1722 su progetto dell’architetto Simone Scaniglia, sulle fondamenta della pieve medievale.
La chiesa, in stile barocco, ha un’unica navata a pianta ellittica, con sei altari laterali. La particolarità delle forme geometriche e delle proporzioni consente un’acustica perfetta.
Con un percorso lento ed articolato si è giunti attorno al 1920 all’attuale configurazione, frutto di interventi a più mani soprattutto da parte di artisti liguri e lombardi ed impreziosita grazie ad una serie di acquisizioni lungimiranti nel periodo della repubblica genovese conseguente alla caduta napoleonica.
Sull’ampio piazzale antistante la chiesa si affaccia l’oratorio di Sant’Antonio abate, luogo d’incontro della locale confraternita, istituita nel Cinquecento.
4) – Il paese di Casella

Il nome Casella nel medioevo va a sostituire la denominazione longobarda di Redigabio o Raudigabium.
Per tutto il medioevo intenso punto di transito delle carovane lungo una delle principali vie del sale, l’antico quartiere Braia rappresentava lo spazio destinato sia alle stalle per la dimora dei muli, sia, al piano superiore, dei carovanieri commercianti.
L’attuale piazza XXV Aprile era lo spazio dove si teneva il mercato delle merci che giornalmente venivano scaricate dai mulattieri in transito lungo le vie dei Feudi Imperiali e di fondovalle. Non a caso, nel documento che ne attesta l’anno di costruzione, il 1691, gli edifici che fanno da corona alla piazza sono definiti “Case del mercato”.


Ad ovest si erge il Palazzo Fieschi, punto di esazione delle gabelle, la cui torretta reca un fregio oggi illeggibile e due resti di meridiane, una in ore italiche – dal tramonto all’alba – l’altra in orario babilonico – dall’alba al tramonto.
Dalla parte opposta della piazza si colloca il Palazzetto, struttura che ancora oggi ha conservato la propria vocazione commerciale essendo occupato da negozi e ristoranti. Il legame fra i due edifici è sottolineato dal fatto che, un tempo, chi arrivava in paese da ponente doveva obbligatoriamente entrare, attraversare ed uscire dal Palazzo principale, transitare quindi per la piazza e incanalarsi per l’archivolto corrispondente nel palazzo minore e di qui uscire in aperta campagna. Il tutto con l’evidente scopo di controllo e di pagamento del pedaggio.
Un terzo edificio, coevo ai due appena descritti, è la Casa del Macello, oltre la grezza ma bella fontana in pietra locale detta “di Montemaggio”.
Davide Pietro Boretti