LE OPERE DI MAN RAY IN MOSTRA AL PALAZZO DUCALE DI GENOVA FINO AL 9 LUGLIO
Fotografia, disegni, dipinti, sculture e film: oltre trecento opere esposte a Palazzo Ducale raccontano il lavoro e la vita di Emmanuel Radnitzky, in arte Man Ray
Man Ray è passato alla storia soprattutto come fotografo: in mostra a Genova la sua opera forse più nota, dall’enigmatico titolo “Les violons d’Ingres”, ma è stato anche uno pittore, scultore e regista d’avanguardia caratterizzato sin dagli esordi dall’ironia, dalla sensualità e dalla volontà di sperimentare, di rompere gli schemi e creare nuove estetiche.
La sua ricerca è affine a quella di due delle avanguardie artistiche più innovative di quel periodo: il Dadaismo e il Surrealismo. Se la fotografia a fine Ottocento era parsa il mezzo artistico che avrebbe sostituito il genere pittorico del ritratto, Man Ray è fra i primi artisti a sperimentarne un uso spregiudicato e creativo, con immagini caratterizzate dall’uso di filtri e solarizzazioni che in qualche modo anticipano la fotografia digitale contemporanea nella quale la postproduzione ha un ruolo fondamentale.
La mostra monografica, articolata in sette sezioni, ripercorre cronologicamente la biografia dell’artista evidenziando gli aspetti innovativi e originali della sua opera all’interno dei contesti culturali in cui ha operato.
IL PROFILO DI MAN RAY
Nato nel 1890 a Filadelfia, Man Ray esordisce a New York con la prima mostra personale nel 1915 ed è uno dei protagonisti del DADA americano insieme a Marcel Duchamp, amico e complice artistico di una vita: dal loro incontro nascono autentiche icone dell’arte del XX secolo come La tonsure e Elevage de poussiére (entrambe esposte in mostra), fotografie che rimettono in discussione l’idea stessa di ritratto e di realtà, dove la superficie impolverata di un vetro diventa un paesaggio alieno e futuribile.
Quando Man Ray si trasferisce a Parigi, all’inizio degli anni Venti, si concentra interamente sulla fotografia e pubblica i primi Rayographs, immagini fotografiche ottenute senza la macchina fotografica, accolte con entusiasmo dalla comunità artistica parigina.
LE OPERE
I temi ricorrenti nella poetica di Man Ray sono quelli del corpo e della sensualità, che nel periodo surrealista diventano il centro dell’ispirazione: a questi anni risalgono le immagini più note dell’artista, fotografie come Larmes, La Prière. Blanche et noire, dipinti e grafiche come A l’heure de l’observatoire e Les Amoureux, una scultura come Venus restaurée, ironica riflessione sulla classicità, tutte opere esposte in mostra.
LE MUSE ISPIRATICI
Tra le “muse ispiratrici” di Man Ray, tutte ritratte nelle fotografie esposte al Ducale, ci sono l’artista svizzera Meret Oppenheim, una delle figure più significative del surrealismo, della quale troviamo in mostra anche alcune opere originali, l’attrice, scrittrice e modella Alice Prin detta Kiki de Montparnasse e la fotografa e pittrice Dora Maar, nota anche per essere stata la compagna di Pablo Picasso.
GLI ALTRI ARTISTI IN MOSTRA
Come nel Rinascimento l’Italia era il cuore artistico e creativo nel mondo, nella prima metà del Novecento lo è stata la Francia con la nascita di movimenti come il dadaismo e il surrealismo che hanno cambiato la storia dell’arte ed esercitano un’influenza ancora molto significativa sulle forme espressive attuali.
Oltre a Man Ray, in mostra troviamo opere e riferimenti appunto ad altre figure chiave di quel periodo come Marcel Duchamp, Alice Prin, André Breton e Meret Oppenheim.
In mostra anche una scacchiera “dadaista” e una curiosa serie di ritratti di giocatori di scacchi.
L’EPILOGO
Il 1940 segna l’anno del ritorno di Man Ray negli Stati Uniti, a causa della Seconda Guerra Mondiale, e segna anche un ritorno alla pittura, in solitudine. Negli anni successivi farà ritorno spesso in Europa e a Parigi, dove muore nel 1976, creando nuovi ready-made e dipinti, nati dalla volontà di reinventare il mondo attraverso l’arte. Tra le opere conclusive del percorso segnaliamo l’interessante “Pechage” opera realizzata con tecnica mista.
La mostra offre lo spazio anche per apprezzare l’attività di Man Ray nel cinema d’avanguardia, con la proiezione di pellicole storiche come Le Retour à la raison (1923), Emak Bakia (1926), L’Étoile de mer (1928) e Les Mystères du château du dé (1929).
Andrea Macciò