Risultato scontato alle amministrative di Novi Ligure (Al) dove Rocchino Muliere al ballottaggio si afferma su Maria Rosa Porta
Sul 40,9% dei votanti, il 63,69% (5.670 voti)* è andato infatti a Rocco Muliere a capo di una coalizione di Centrosinistra, mentre il 36,31% (3.232 voti)* è andato alla Maria Rosa Porta sostenuta da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega.
Torna così a sedersi sul seggio più alto dell’assise cittadina Muliere, dopo che nel 2019 era stato detronizzato da Gian Paolo Cabella che si era presentato all’elettorato a capo di uno schieramento di Centro destra.
Ricordiamo infatti che Rocchino Muliere, politico di lungo corso, era stato sindaco della città dal 2014 al 2019 ed aveva in precedenza ricoperto anche la carica di Consigliere regionale.
Si conclude così una tormentata vicenda politica che aveva visto Novi Ligure lo scorso anno commissariata, in seguito alla caduta della giunta Cabella avvenuta per via di uno scontro tutto interno al Centro destra.
Un Centro destra che ha perso così l’occasione per dimostrarsi una valida alternativa ad un potere politico impersonato dal P.C.I. prima e poi dal P.D.S., DS e PD ora che, quasi indisturbato assieme alle altre liste dell’area del Centro sinistra, ha governato Novi sin dalla fine del secondo conflitto mondiale, se si esclude l’esperienza del Pentapartito avvenuta tra il 1985 e il 1990, grazie all’innovativa presenza in città dell’allora Partito Repubblicano.
Resta il fatto che solo un novese su due si è recato alle urne per scegliere il sindaco della città, la qual cosa segna una forte disaffezione tra la gente comune e la classe politica locale sulla quale occorrerà aprire un tavolo di riflessione, in quanto poi il governo della cosa pubblica potrebbe diventare problematico se non molto complesso.
In tutta questa vicenda politica cittadina vanno date due note di merito. Una al Commissario prefettizio, dott. Paolo Ponta che ha condotto il suo incarico in modo esemplare e l’altra alla lista Po.Li.S. che non ha gettato la spugna dopo il verdetto delle urne, ma ha deciso di trasformarsi in una sorta di circolo culturale per sostenere la partecipazione sociale dal basso in quanto oggi l’emergenza più che politica è culturale.
Gian Battista Cassulo
(*) Dati aggiornati al 30 maggio 2023 sulla base dello scrutinio terminato
Carissimo G.B. Cassulo,
il PD non c’entra nulla con il paritto revisionista che si è sciolto nel 1991: continuare a sostenere il contrario mi sembra stucchevole, oltre che totalmente sbagliato.
I due partiti che nacquero dalle ceneri del secondo partito italiano, il PDS ed il PRC, per un neanche brevissimo periodo di tempo hanno rappresentato una certa quale continuità morale della tradizione revisionista.
Almeno da quando il primo cambiò nome in DS – e nel secondo la componente proveniente dal P.C.d’I.(m-l) veniva sempre più marginalizzata, portando i militanti ad abbandonare la formazione voluta da Armando Cossutta e, per colpa sua, finita nelle mani dell’in-Fausto Bertinotti – questo filo rosso si è spezzato definitivamente.
Con immutata stima, abbraccio tutta la Redazione.
Hai ragione Stefano e condivido la tua analisi ma io nella fretta di scrivere (sono distrutto e devo riposarmi un po’!) non intendevo parlare dei partiti citati in quanto tali, ma delle persone che un tempo erano nel P.C.I. e poi hanno “transumato” nelle varie trasformazioni (in negativo) che il P.C.I. poi ha avuto, con i risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti!!!!! Non so se sei d’accordo!!!! Un abbraccio da GB