UNA ORIGINALE SELEZIONE DEDICATA ALL’ARTE DECORATIVA ISLAMICA
Inaugurata il 16 giugno 2023, la mostra Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale curata da Veronica Prestini resterà esposta presso la galleria islamica del Museo di Arte Orientale di Torino fino al 17 settembre. La mostra rappresenta la seconda tappa del viaggio di avvicinamento all’esposizione che in autunno il museo torinese dedicherà all’arte dei paesi tra estremo Oriente e centro Asia fino alle sponde del Mediterraneo
Metalli sovrani è un progetto espositivo dedicato ai raffinati oggetti di arte islamica in metallo e presenta una mirata selezione delle principali tipologie di oggetti della metallistica islamica (bruciaprofumi, portapenne, candelieri, vassoi, bacili, coppe, bottiglie porta profumo)
Gli oggetti sono provenienti in maggioranza dagli attuali Iran e Siria
La mostra inaugura la collaborazione tra il Mao di Torino e una delle più originali collezioni di arte islamica: la Aron Collection, nella quale è stata raccolta una selezione di rarissime “coppe magiche” oggetti rituali caratterizzata da una ricchissima decorazione epigrafica nella quale si mescolano la simbologia sacra e quella profana, con rappresentazione dei segni zodiacali e dei pianeti (Mercurio, Giove, Marte, Saturno, Venere, oltre alla Luna, che nell’astrologia islamica medievale era considerato un pianeta, e al sole). Le coppe magiche erano molto usate nel periodo preislamico come oggetti ad uso medico, e in seguito sono rimaste un elemento importante nella tradizione rituale sciita. In mostra anche pezzi della Nur Collection a confronto con opere selezionate della collezione permanente.
La selezione di opere mostra come anche l’arte e la cultura islamica, come quella cristiana, abbiano assorbito elementi iconografici e simbolici tipici del periodo “pagano” precedente.
L’arte islamica più recente è caratterizzata da una creatività che si deve misurare con una religione iconoclasta, ovvero che vieta la rappresentazione della Divinità e dei Profeti. Questa iconoclastia è nell’arte sacra associata in genere all’assenza di rappresentazione delle figure umane. Nel mondo dell’Islam medioevale messo in luce da questa accuratissima mostra, troviamo al contrario numerose rappresentazioni delle persone, anche se circoscritte a scene profane.
La committenza di queste opere, composta soprattutto dalla ricca borghesia che iniziava a popolare il califfato a partire dal X sec, amava la rappresentazione delle scene di festa, di caccia e astrologiche. L’umanizzazione dell’iconografia dei pianeti era uno degli escamotages che permetteva a questi artisti di sfuggire alle rigide prescrizioni religiose sull’iconoclastia.
Dalla Aron Collection proviene ad esempio una “coppa da vino” del XVI sec. nella quale troviamo incisa la rappresentazione del popolare poema del 1188 Leyla e Majnun, che narra la storia di un amore impossibile tra due giovani dell’Arabia preislamica, una ragazza di una nobile famiglia beduina obbligata a sposarsi con un uomo non amato e il ragazzo “Majnun” ovvero “pazzo” di lei.
Le scene di caccia erano tra quelle preferite dagli artigiani che decoravano questi oggetti in metallo: diffusa l’iconografiadel re a cavallo affiancato da alcuni animali (spesso un falcone o un ghepardo) e da una schiava, che poteva essere un’artista scienziata e musicante.
Nella presentazione della mostra si parla di “firmamento”: l’astronomia, che insieme all’astrologia, rivestiva un ruolo centrale nella vita dei sovrani e della nobiltà islamica di quel periodo, influenzandone le scelte politiche, militari e persino amorose, era un tema figurativo molto comune con pianeti, costellazioni e segni zodiacali.
Negli oggetti in metallo erano frequenti anche le scene di festa e banchetto, legate anche al genere letterario conosciuto come Bazm-o-Razm, ovvero “banchetto e battaglia” ad indicare come i fasti della pace si contrapponessero in maniera ciclica all’ardore dei combattimenti.
Presenti in mostra anche gli oggetti destinati all’illuminazione, quali candelieri e lampade, fondamentali non solo nella vita quotidiana e secolare, ma anche nella più sfarzosa dimensione spirituale e sacra, nei quali si mette in mostra la miglior tradizione dell’arte calligrafica islamica.
Fra gli oggetti più interessanti in esposizione troviamo un portapenne incrostato in argento (Mosul, Iraq, fine XIII secolo), che reca una raffigurazione del sole circondato dai pianeti, motivo iconografico tipico degli oggetti destinati a governanti e ad altri membri dell’élite nonché emblema dell’iconografia astrologica nell’Islam medievale, e un grande bacile in ottone inciso e ageminato in argento (Fars, Iran meridionale, XIV secolo) dalla decorazione altamente simbolica: le scene di caccia col ghepardo, col falcone e con l’arco che ricorrono su tutta la superficie dell’oggetto erano espressione di una prerogativa reale e, rimandando alle eccezionali qualità di combattente del sovrano, ne legittimavano il potere.
Negli oggetti da festa un ruolo rilevante è ricoperto dalle bottiglie spargiprofumi. In mostra un pezzo in bronzo fuso proveniente dalla regione del Khorasan (oggi divisa tra Iran, Afghanistan e Turkmenistan) nel quale possiamo ammirare numerose scene con figure umane, personaggi intenti a danzare, a banchettare e un bevitore con accanto un pesce, altra figura ricorrente negli oggetti destinati a raccogliere liquidi. L’arte del profumo era considerata nel Vicino Oriente la manifestazione più evoluta della società urbana. In mostra anche un bruciaprofumi.
Metalli sovrani propone anche un dialogo tra opere antiche e contemporanee, offrendosi come dispositivo di studio e di approfondimento di culture e materiali, affiancando ai pezzi in metallo l’opera Monochrome bleu (1959) di Yves Klein (1928-1962).
Una scelta non casuale, perché il blu oltremare che caratterizza l’intera opera di Klein era uno dei colori naturali più usati dai miniaturisti islamici dediti all’illustrazione dei manoscritti. Il blu oltremare, il cosiddetto blu di Persia, domina infatti nelle pregiatissime miniature ed è spesso sapientemente accompagnato dall’uso della foglia oro.
La mostra sottolinea come la creatività nata in Persia si sia diffusa nel mondo come un linguaggio, raggiungendo a Oriente l’India e la Cina e arrivando in Occidente. I metalli islamici raggiunsero anche l’Europa, dimostrando quanto le frontiere politiche e religiose non corrispondessero affatto a quelle della percezione estetica.
Quella curata da Veronica Prestini è una mostra di grandissimo interesse nel riportare alla luce aspetti davvero poco conosciuti, al di là dei più raffinati collezionisti del settore, dell’arte islamica del periodo medioevale, come quello delle rappresentazioni antropomorfe dei Pianeti, delle scene di festa e banchetto simili alle scene arcadiche e bucoliche della tradizione artistica occidentale, e quella delle coppe magiche e delle loro caratteristiche iconografiche.
Andrea Macciò
Le foto riportate nell’articolo sono dell’autore