Su questo mondo ormai siamo quasi 8 miliardi ed è giusto interrogarsi chi siamo
Oggi si sono svolti i funerali di Toto Cutugno, un grande della musica leggera italiana, che con le sue canzoni, è stato la colonna sonora della mia vita. E con lui dunque se ne va un pezzettino anche di me! Ma la sua canzone più famosa “Lasciatemi cantare” mi ha fatto venire in mente l’attuale dibattito sull’italianità, anche in ordine ad alcune considerazione contenute nel libro del Gen. Roberto Vannacci, “Il mondo al contrario”, che, appena scenderò ad Aosta, andrò a comprare in quanto desidero farmene un’idea senza interposta persona.
Cenni sugli studi antropologici sulle caratteristiche genetiche dell’italiano in quanto individuo
Vediamo dunque qui di seguito alcune considerazioni sull’italianità di un individuo, alla luce di una sia pur veloce ricerca che non ha la pretesa di avere la cosiddetta “scienza in tasca”, ma che semplicemente tenta di rispondere ad alcuni interrogativi che la gente comune oggi si sta facendo su questo tema.
In termini generici, secondo il vocabolario Treccani, l’italiano “è la persona che appartiene alla nazione o allo stato italiano”, ma accanto a questa stringata definizione, per approfondire le caratteristiche genetiche dell’italiano in quanto individuo, occorre rifarsi alla disciplina antropologica, che classifica in “fenotipi” i vari soggetti delle popolazioni mondiali.
Tratti somatici italiani
Nel nostro Paese i fenotipi più comuni vengono fondamentalmente suddivisi in: West-Est mediterraneo/Atlanto mediterraneo – Alpino/Berid – Dinarico – Nordico (qui sopra nelle foto divisi per regioni), ma vi sono anche rari fenotipi quali: il Nordocromagnoide (NC), che si trova nel nord del Paese e l’Armenoide che si trova quasi esclusivamente al sud.
C’è comunque da precisare che queste classificazioni non hanno una vera valenza scientifica e da alcune sono ormai ritenute obsolete, ma possiamo utilizzarle come parametro di comparazione visivo, anche perché da tale comparazione possono emergere i vari indici craniometrici, quelli dell’aspetto corporeo riguardanti la costituzione fisica, quelli della struttura ossea e della massa muscolare, che sono le vere linee guida degli antropologi utilizzate nelle loro ricerche.
Tali indici per l’aspetto “craniometrico”, sono l’indice Cefalico – che indica il rapporto tra la lunghezza e la larghezza del cranio – e l’indice Facciale – che esprime il rapporto tra altezza e larghezza della faccia.
Per l’aspetto corporeo abbiamo l’indice “Ectomorfo”, con struttura ossea esile e slanciata che determina un corpo longilineo, l’indice “Mesomorfo”, caratterizzato da buona massa muscolare e da una bassa percentuale di grasso, l’indice “Endomorfo” con ossatura grossa, bacino largo tendente ad ingrassare.
Cenni sugli studi sulle caratteristiche fisiche degli individui sotto il profilo storico
Sotto l’aspetto storico sono da ricordare le “Mappe Antropologiche Italiane” stese nel 1888 dall’antropologo Ridolfo Livi nell’opera “Antropometria Militare”, dove sono riportati i risultati di uno studio effettuato su circa 300 mila militari italiani delle classi 1859 e 1863 con dati riguardanti la statura, l’indice cefalico e la pigmentazione di occhi e capelli.
Tutto ciò naturalmente è applicabile a popolazioni storicamente stanziate in determinate aree geografiche, come quelle europee, asiatiche o africane.
Tali parametri antropologici non si possono applicare a popolazioni stanziata in altre aree geografiche, ove le comunità residenti sono costituite da un melting pop derivato da successive ondate migratorie, quali ad esempio quelle accadute negli Stati Uniti dove gli originari abitanti di quelle terre, i “pellerossa” come venivano appellati, sono stati praticamente sterminati.
Oppure come è accaduto nell’America latina dove gli Incas e gli Aztechi sono state scientificamente annientate da spagnoli e portoghesi, mentre nella foresta dell’Amazzonia ancora sopravvivono alcuni gruppi di Indios.
Gian Battista Cassulo