Lavoro e sicurezza erano le parole d’ordine delle vecchie Ferrovie dello Stato
La redazione de “l’inchiostro fresco” si associa al dolore dei famigliari dei cinque operai deceduti in seguito al tragico incidente del 30/31 agosto 2023 lungo i binari della stazione di Barandizzo della linea ferroviaria “Torino – Milano”.
Quello che è successo sui binari della “Torino – Milano” nella notte tra mercoledì e giovedì di fine agosto 2023 ben difficilmente si sarebbe potuto verificare ai tempi delle vecchie Ferrovie dello Stato.
Infatti ai tempi in cui i trasporti erano saldamente in mano pubblica, la sicurezza, sia dei viaggiatori sia degli addetti alla circolazione treni, era di primaria importanza.
Nel caso specifico, i lavori di manutenzione al binario (in gergo “armamento ferroviario”) erano condotti direttamente dagli operai all’armamento, tutti dipendenti delle FS, i quali potevano accedere ai lavori lungo linea o nelle stazioni esclusivamente durante gli “intervalli d’orario”, ovvero durante quei “buchi”, appositamente contemplati dall’orario generale dei treni per permettere eventuali interventi sia al binario come alla rete elettrica.
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Per quanto riguardava il binario, durante questi “intervalli d’orario”, che non erano molto lunghi, in genere si eseguivano quelle piccole manutenzioni, come ad esempio gli interventi ai deviatori (gli “scambi”), la sostituzione di una rotaia rotta o una rincalzatura della massicciata o si svolgevano interventi su altri difetti del binario precedentemente segnalati dai “cantonieri” che giornalmente ispezionavano la linea o addirittura dai macchinisti stessi o rilevati da apposite strumentazioni tecnologiche, quali il “Carrello registratore Matisa” o la “Carrozza Amsler”.
Gli operai all’armamento, anche durante l’intervallo d’orario, quando comunque si sapeva che non sarebbe transitato nessun convoglio, per potere accedere ai lavori dovevano sempre segnalare la loro presenza al Dirigente al movimento di turno (il Capo Stazione) della o delle stazioni interessate tramite il modulo M 40 firmato dal Capo Reparto Lavori, dall’Assistente di tratta e dal Sorvegliante (poi diventato Capo Tecnico) del Tronco interessato dall’intervento, e gli operai, una volta in linea, erano protetti da un loro collega di vedetta. Terminato l’intervento, sempre tramite M 40, veniva comunicata l’avvenuta esecuzione dei lavori.
Quando gli interventi al binario erano di natura più radicale, come il “rinnovamento”, ovvero la sostituzione della “lunga rotaia saldata”, o il “risanamento”, ovvero sostituzione pietrisco (la massicciata) e sostituzione rotaie, allora intervenivano direttamente i Capi divisione compartimentali (poi chiamati Capi Uffici) Lavori e Movimento che, assieme ai Capi reparto lavori e Dirigenti movimento interessati, concordavano i tempi e i modi per la sospensione della circolazione e rallentamento treni, con l’assegnazione, previa gara d’appalto, dei lavori a ditte specializzate.
Ditte quali ad esempio la Valditerra, il cui titolare, il novese Sergio Valditerra, rivoluzionò il metodo di intervento al binario attrezzando un apposito treno che, così come la lumaca lascia dietro di sé la striscia del suo passaggio, cosi il “Treno di rinnovamento” ideato dall’ing. Valditerra, avanzando, rimuoveva il vecchio binario e lasciava dietro di sé il binario completamente rinnovato. Era il “Treno di rinnovamento Sistema Valditerra” (neel 1972 la “Matisa P 811” e poi nel 1989 il “Pony”) ormai universalmente adottato e che limitava al masssimo ogni rischio per persone o cose.
Ma anche in questo caso la presenza del personale delle Ferrovie dello Stato, nel caso specifico gli operai all’armamento, era indispensabile per la protezione cantiere e l’inizio lavori non poteva avvenire se non era stato emesso, debitamente firmato, il “famoso” M 40.
Gian Battista Cassulo