Non esistono più le mezze stagioni

Diciamo subito che quanto scritto nel titolo, normalmente, NON È VERO. Anche qui, nelle nostre zone, non è sempre inverno o estate. Pur con una tendenza all’aumento delle temperature medie e alla maggiore frequenza di fenomeni estremi, dovuti al riscaldamento climatico, vi sono periodi dell’anno in cui si può tranquillamente parlare di clima primaverile o autunnale. A dispetto di qualche luogo comune che si sente spesso ripetere.

C’è però un luogo dove, effettivamente, le mezze stagioni non esistono: alcuni treni passeggeri di Trenitalia. Sembra ormai  praticamente obbligatorio passare direttamente dal riscaldamento all’aria condizionata e viceversa. Perciò, quando ci sarebbero quelle belle giornate in cui, a casa, si sta bene senza accendere riscaldamento e senza avere caldo, sul treno no: bisogna per forza avere caldo e sudare se non si è vestiti in maniera succintissima, oppure avere freddo se non si hanno vestiti abbastanza pesanti. D’estate, se al mattino presto fa ancora fresco, non importa: il sistema di raffrescamento deve comunque essere sempre “a manetta”, anche se si costringe chi ne è munito a indossare il maglione e chi non ce l’ha a rischiare un’infreddatura. Poi magari, quando verso mezzogiorno inizia a fare davvero caldo, il sistema si guasta e la carrozza diventa un forno.

La colpa non è soltanto di chi regola questi impianti, il capotreno o chi per lui. A volte sono alcuni passeggeri a sollecitare queste soluzioni, come chi ad aprile vuole vestirsi come ad agosto e poi si lamenta se ha freddo perché il riscaldamento è spento. Poi ci sono anche i casi in cui l’impianto non funziona per niente, quindi si gela d’inverno e si boccheggia d’estate. Il che, almeno, è più in sintonia con la natura.

E’ capitato di fare il viaggio al mattino col riscaldamento acceso (ovviamente al massimo) e il viaggio di ritorno, poche ore dopo, con l’aria fredda condizionata. Col risultato di soffrire prima il caldo, quando la temperatura esterna era più fresca, e poi, quando all’esterno era più tiepida, dovermi coprire il più possibile per evitare infreddature. Addirittura, sono  testimone di un fatto ancora più estremo. Nel giro di pochi minuti, l’addetto ha cambiato il riscaldamento direttamente in raffrescamento, per cui subito dopo che dalle bocchette di aerazione usciva aria calda ha iniziato ad uscire aria fredda! Fa venire in mente l’aneddoto che si sente raccontare: alcuni ricchi californiani (consideriamoli pure dei cialtroni) usano tenere accesi contemporaneamente nelle loro abitazioni riscaldamento e aria condizionata fresca; la temperatura la regolano aumentando uno o l’altra. All’insegna dello spreco più totale. Per fortuna sui treni ciò non è possibile, essendo l’impianto unico, altrimenti c’è il rischio che qualcuno arrivi ad adoperare questo sistema.

Non ci sono solo i treni. Ho visto cose che voi umani -non frequentatori di mezzi pubblici- non potete immaginare. Un autobus col riscaldamento acceso al massimo e temperatura esterna di 24°. Uffici pubblici col riscaldamento a pieno regime, finestre spalancate e gente in maniche di camicia in pieno inverno. Pullman dove alcuni malcapitati passeggeri cercavano di proteggere lo stomaco dall’aria condizionata usando fogli di giornale, come i corridori ciclisti nelle discese in montagna

Anche senza questi casi estremi, il risultato è comunque: grandi sprechi di energia e soldi (il riscaldamento e l’aria condizionata costano cari anche sui treni, per chi non lo sapesse); disagio per chi vorrebbe essere vestito normalmente secondo le temperature di stagione; irritazione per assistere a questi comportamenti irrazionali, pregni di pressapochismo, indifferenza, menefreghismo. A volte, basterebbe sbloccare qualche finestrella superiore e far circolare un po’ d’aria per avere una temperatura accettabile, consona alla stagione. Invece no, tutto deve essere regolato artificialmente.

Però tutto questo serve, in effetti, a far aumentare i consumi. Quindi il PIL. Viva l’Italia.

L‘immagine di copertina è un dipinto di Albert Bierstadt: Autumn Woods (1886)

Stefano Rivara

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