UNA FOTOGRAFA CHE NEI SUOI SCATTI COGLIE “IL MOMENTO DECISIVO”

UNA INTERVISTA IN ESCLUSIVA AD ANNA MARIA FOCANTE

Anna Maria Focante è una fotografa di origine marchigiana residente da molti anni nell’Oltregiogo, prima ad Arquata Scrivia (Al) e poi a Serravalle Scrivia Al).

Anna Maria Focante ha iniziato molti anni fa a fotografare per passione e dopo un corso di formazione a Genova organizzato da Giuliana Traverso si è specializzata nel bianco e nero e nella “street photography”. Uno dei suoi progetti più recenti, che ripercorre molti anni di lavoro “sulla strada” è Femminile Singolare esposto a settembre in occasione di Ar.qua.tra e attualmente nell’ambito degli eventi dell’8 marzo 2025 presso la Biblioteca Allegri di Serravalle Scrivia. Un viaggio fotografico, geografico e sentimentale insieme, tra Italia, Francia, Slovenia e Turchia, nell’universo femminile, cogliendo “il momento decisivo” come lo definiva il maestro della “scrittura con la luceHenry Cartier Bresson che colga l’unicità e la singolarità irripetibile della vita di ogni donna.

Per l’Inchiostro Fresco, abbiamo intervistato questa valente fotografa, anche per conoscere meglio il suo progetto e il suo approccio alla fotografia.

Quando ti sei avvicinata al mondo della fotografia? Sei autodidatta o hai una formazione specifica?

Ho iniziato a fotografare molti anni fa, forse un po’ per gioco. A vent’anni ho avuto la mia prima macchina fotografica, una Olympus analogica. Intorno al 2000 ho acquistato la prima macchina digitale. L’interesse alla fotografia è sempre stato presente, ma negli ultimi anni, il mio “status” di pensionata mi ha permesso di meglio focalizzare ed approfondire questa passione. Ho seguito alcuni corsi di formazione, quello che più mi ha segnato (era la fine degli anni ’80) è stato quello tenuto a Genova da Giuliana Traverso, “Donna fotografa”, un corso per sole donne, fotografia in bianco e nero. L’incontro con questa grande fotografa mi ha illuminato, mi ha permesso di trovare uno sguardo nuovo sull’immagine e sulla costruzione della fotografia, che fino ad allora non avevo così chiaro. In ogni lezione si affrontava un tema (il ritratto, il paesaggio, il mondo sociale, la fotografia di strada), in ogni lezione si esaminavano i lavori effettuati da ciascuna delle allieve, ci si focalizzava sui concetti cardine che dovevano ispirare e dare significato alla fotografia. Ho successivamente continuato il mio percorso personale, intorno agli anni 2000 mi sono dovuta misurare con la nuova tecnica digitale, un mezzo che all’inizio mi spaventava, ma che in seguito ho particolarmente apprezzato per la sua potenzialità e versatilità. Prima dell’avvento del digitale il ciclo della fotografia era composto da inquadratura, scatto e stampa.  Oggi il momento della post-produzione rappresenta un grande elemento innovativo, il valore aggiunto.

I fotografi di oggi sono molto divisi sul tema della “post produzione” C’è chi la ritiene uno “snaturamento” del medium fotografico se usato in maniera invasiva e chi invece la ritiene un momento quasi più importante dello scatto stesso e che esalta la creatività dell’artista. Qual è la tua posizione?

Un tempo, è vero, molti fotografi non ammettevano alcuna modifica nella fase dello sviluppo. L’avvento della tecnica digitale ha completamente rivoluzionato l’intero processo. Personalmente ritengo che la fotografia sia sempre “finzione”, che l’istante fissato scompaia nella sua unicità, immediatamente dopo lo scatto; in questa logica si può allora apprezzare tutto quello che accade successivamente a quel momento. Oggi quello della post-produzione è un passaggio che permette di entrare dentro la fotografia stessa, trovare messaggi che allo scatto non erano evidenti; un momento molto intimo con l’immagine, un interscambio tra ciò che si è e quello che si cerca. Personalmente non uso la post-produzione in maniera massiccia, intervengo per sistemare un’inquadratura non perfetta, un gioco di luci, correggere imperfezioni.

Oggi è possibile nella fase della post-produzione “ibridare” la fotografia con l’Intelligenza Artificiale. Secondo te è una prospettiva interessante o rischia di snaturare l’arte fotografica?

No, sono ancora lontana da questo. Quello dell’Intelligenza Artificiale è un mondo affascinante, forse un po’ rischioso, per ora mi interessa poco. Di certo nella fotografia, soprattutto nella post-produzione, l’A.I. potrà cambiare regole, accelerare tempi ed assicurare risultati di qualità. Ho fotografato in situazioni diverse, ritratti, paesaggi, ma la mia vera passione è la fotografia di strada. Quello che più mi interessa è catturare le emozioni. In uno studio fotografico con sfondi e luci accuratamente studiate si può raggiungere la fotografia tecnicamente perfetta, ma non c’è l’emozione, la spontaneità e la verità che una strada, una piazza, un mercato ti offrono.

Parlaci del tuo progetto “Femminile Singolare”. Come è nato?

L’associazione culturale Chieketè di Serravalle Scrivia mi chiese alcuni anni fa di pubblicare un articolo sull’8 marzo, la Festa della Donna. Mi sembrava difficile scrivere qualcosa di nuovo, di non retorico. Ho pensato che avrei potuto invece utilizzare il mio archivio fotografico.  Ho selezionato le foto più significative sul tema del femminile scattate nel corso degli anni, nei luoghi visitati (Italia, Turchia, Francia, Slovenia). Usando un programma video ed uno sfondo musicale ho realizzato una presentazione di immagini sul tema femminile, dalla quale è poi nata l’idea della mostra “Femminile Singolare”. Da allora l’8 marzo è diventato un appuntamento ricorrente, ogni anno pubblico una raccolta di foto, sul tema del femminile. Credo che valga sempre la pena di ragionare sui molti problemi ancora irrisolti, riflettere sul pericolo che diritti che si credevano inalienabili oggi siano di nuovo messi in discussione.

Nei tuoi scatti hai seguito una logica specifica o hai cercato appunto di cogliere “il momento decisivo” che esprimesse quello che volevi trasmettere a chi guarda le tue immagini?

Quello che cerco sono le immagini che mi colpiscono, che in qualche modo mi parlano. Sul tema del femminile, non è mai la ricerca estetica (comunemente intesa) quella che mi interessa; trovo la bellezza anche nelle rughe e nelle imperfezioni.

Perché hai scelto questo titolo, “Femminile Singolare”?

Femminile singolare” perché ogni donna è unica, e deve poter esprimere la propria individualità, la propria originalità, mettendo da parte tutto quello che è sovrastruttura. Senza nulla togliere al colore, io assolutamente amo il bianco e nero, che permette di scavare, arrivare all’essenza dell’immagine. Il bianco e nero racconta di più, è più evocativo anche per chi osserva, nell’interazione tra lo spettatore e la foto al momento dello scatto.

Oltre alla mostra di Serravalle Scrivia di recente hai esposto in altre occasioni?

Femminile Singolare” è stata esposta anche ad Arquata Scrivia, lo scorso settembre, in occasione di Arquatrà. Alcuni anni fa avevo esposto altri lavori a Serravalle e alla Soms di Arquata. La mostra sarà ripresentata ed ospitata   a Vignole Borbera, ad aprile, da parte dell’Associazione Culturale Uniduevalli.

Ci sono alcuni fotografi o fotografe, contemporanei o del passato, ai quali ti ispiri?

Si, oltre a Giuliana Traverso tra i grandi fotografi del passato sono stata ispirata da Fulvio Roiter (grande maestro del bianco e nero), Franco Fontana (per la sua grande ricerca sulle geometrie) ma   soprattutto da Vivian Maier (una delle più grandi fotografe della street art)

                                               Andrea Macciò

2 Replies to “UNA FOTOGRAFA CHE NEI SUOI SCATTI COGLIE “IL MOMENTO DECISIVO””

  1. La strada è proprio la vita più concreta, senza filtri e senza trucchi e ogni scatto (istante) è unico e irripetibile (condivido il pensiero di Anna); la bravura sta proprio nel cogliere l’attimo.
    Complimenti.

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