Cari amici oggi 29 marzo 2019 sono appena rientrato
dalla Valle Scrivia dove vi sono sceso per andare a caccia di
notizie, ma sono tornato con il carniere vuoto.
Niente di niente in compenso però ho raccolto
alcune sensazioni e una di queste è stata quella di una grande tristezza,
soprattutto a Busalla.
Lì infatti ho parlato con diverse persone e tutte
hanno concordato sul fatto che le cose non stiano andando molto bene: negozi
chiusi, liquidazioni totali per cessata attività,serrande abbassate e vetrine
spoglie.
Cosa sta succedendo? Chi mi dice che è colpa
dell’Euro, chi delle tasse, chi degli affitti troppo alti e chi ancora dell’Outlet.
Certo che Busalla nei miei occhi è sempre stata un
centro vivo, brulicante di attività con i marciapiedi strapieni e le macchine
alla ricerca affannata di un parcheggio!!!!
Busalla la piccola capitale dell’Alta Valle
Scrivia, ma ora sembra non sia più così.
Ho raccolto dunque tra le altre questa sensazione e
anch’io mi sono sentito giù di corda e mi sono chiesto cosa sia successo in
questi anni e cosa stia succedendo!!!
Sulla strada del ritorno, più mogio che mai, mi
sono fermato da Collavini a Ronco Scrivia dove gli ho consegnato
un espositore nuovo di zecca, perché a Ronco gli inchiostri freschi vanno a ruba e Collavini con il suo sorriso
pacioccone mi ha messo un pò di allegria.
Arrivando a Serravalle però lo scenario è
cambiato all’improvviso: Macchine di qui, macchine di là. Autostrada piena come
un uovo e poi subito dopo la grande rotonda davanti al casello della “Camionale”
ecco lo sfolgorio dell’Outlet con gente tutta indaffarata a
riempire ogni dove.
E allora forse ho capito perché dalle altre parti
c’è silenzio e poco lavoro.
Gian Battista Cassulo
One Reply to “L’INCHIOSTRO FRESCO A RONCO SCRIVIA”
Sulla nostra pagina facebook – https://www.facebook.com/linchiostrofresco/ – un lettore, presumibilmente un commerciante, lamentava in termini molto desolati che la chiusura di molti negozi è da imputarsi ai grandi centri commerciali e, per quanto riguarda la Valle Scrivia, all’Outlet di Serravalle Scrivia. Noi abbiamo risposto nel modo seguente. La redazione
Gent.mo sig. Lagomarsino
Ho letto il suo commento e mi viene in mente la seguente riflessione che gliela propongo.
Dovete consorziarvi trasformando le rete degli esercizi di vendita come un unico complesso commerciale, organizzando eventi non solo a luglio ma durante tutto l’anno. Dovreste poi studiare delle offerte cicliche di sconti generalizzati validi per ogni settore. Dovreste soprattutto superare la mentalità frazionistica tipica del commerciante che vede la città solo di fronte alla propria vetrina, ma ragionare in termini complessivi.
Ad esempio se si organizza un grande concerto io, singolo commerciante, NON devo pretendere che venga fatto DAVANTI AL MIO NEGOZIO, ma in un’apposita arena. Le numerose persone che arriveranno a Busalla per l’evento si fermeranno ben a prendere un caffè o a gettare un’occhiata nelle vetrine!!!!!
Comunque a monte di tutto questo c’è un errore politico: negli anni Ottanta le amministrazioni comunali del Basso Piemonte, in primo luogo Novi Ligure (seguita poi a ruota da Serravalle Scrivia e Pozzolo Formigaro, nonché da Ovada, sia pure in dimensioni minori, lato Valle Stura) hanno varato Piani Commerciali che hanno aperto le porte in modo INDISCRIMINATO alla grande distribuzione che, se pur favorita con il buon intento di calmierare i prezzi, ha invece ucciso il piccolo commercio. L’Outlet poi si è rivelato una idrovora: assorbe tutto quello che gli sta attorno ed ha ucciso anche quei furbastri che avevano tentato di aprire un esercizio commerciale nei suoi pressi confidando in un effetto domino.
Ma non è stato così perché dopo poco tempo hanno dovuto chiudere i battenti, come li hanno dovuti chiudere anche altre realtà ben più grandi e già da tempo presenti sul territorio (Pensate al Mercatone Uno di serravalle). L’Otlet infatti è stato progettato per attirare i consumatori al suo interno e poi, come un grande polipo, tenerli “prigionieri” al suo interno tramite non solo le offerte commerciali ma erogando servizi (ad esempio: ristorazione, servizi bancari, accoglienza, divertimenti, parco giochi e cura dei bimbi per permettere alle mamme di girare tranquillamente tra i vari negozi, eccetera). I politici dell’epoca dicevano che l’Outlet sarebbe diventato il “VOLANO DELL’ECONOMIA DEL BASSO PIEMONTE”. Ditemi voi se così è stato!!!
Dalla desolazione dei centri abitati, grandi o piccoli che siano, che lo circondano, ridotti ormai a vedere lungo le loro strade una triste sequenza di serrande abbassate, sembra proprio che questo volano non ci sia stato.
Certo che all’Outlet vi lavorano molte persone, ma a quali condizioni? Con quali contratti?
Ma poi dietro l’angolo c’è anche un altro pericolo che direi sociale se non etico. L’Outlet favorisce una indiscriminata verticalizzazione della ricchezza, perché se prima la redistribuzione dei redditi si riversava su una platea molto vasta di commercianti, ora invece si concentra nelle mani di pochi. Ciò crea diseguaglianza e favorisce la distanza tra ricchi e poveri. E quando vi sono pochi ricchi e tanti poveri le cose poi alla lunga esplodono, perché in mezzo non vi è più un gruppo sociale di mediazione che possa tenere in equilibrio il sistema stesso!!!!
Qualcuno dunque potrebbe dire:non facciamo più grandi centri commerciali!!! Sarebbe sbagliato perché sarebbe un po’ come dire, se fossimo ancora ia tempi dell’avvento della motorizzazione, “non costruiamo le auto altrimenti non andremmo più a cavallo”.
Il progresso è il progresso e non bisogna fermarlo. Semplicemente occorre trovare strumenti “politici” per far convivere tutti in armonia. Uno strumento politico ad esempio è l’urbanistica che con un adeguato studio sui Piani regolatori, non più comunali, ma intercomunali o (come nel nostro caso) inter regionali (Liguria – Piemonte) pianifichi oculatamente il territorio, sottraendosi però ad ogni spinta speculativa.
Un altro strumento è quello fiscale punendo la rendita parassitaria degli immobili e, attraverso la deducibilità, favorire ad esempio il mercato degli affitti, affiancando a tale provvedimento magari riduzioni delle imposte comunali quali la Tari o l’Imu.
Si potrebbe poi pensare ad incentivare l’apertura di nuove realtà commerciali o artigianali, grazie a contributi per “giovani imprese” o altro ancora. Insomma bisognorebbe rimboccarsi le maniche e tutti insieme studiare un qualcosa anche perché la storia è micidiale e non perdona nessuno, perché la storia si basa sulla legge della natura dove il “pesce grande mangia il pesce piccolo”.
Ed è quello che oggi sta succedendo ai grandi centri commerciali, Outlet compreso, dove Amazon o le vendite in rete si stanno letteralmente mangiando le grandi reti di distribuzione tradizionali.
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Sulla nostra pagina facebook – https://www.facebook.com/linchiostrofresco/ – un lettore, presumibilmente un commerciante, lamentava in termini molto desolati che la chiusura di molti negozi è da imputarsi ai grandi centri commerciali e, per quanto riguarda la Valle Scrivia, all’Outlet di Serravalle Scrivia. Noi abbiamo risposto nel modo seguente. La redazione
Gent.mo sig. Lagomarsino
Ho letto il suo commento e mi viene in mente la seguente riflessione che gliela propongo.
Dovete consorziarvi trasformando le rete degli esercizi di vendita come un unico complesso commerciale, organizzando eventi non solo a luglio ma durante tutto l’anno. Dovreste poi studiare delle offerte cicliche di sconti generalizzati validi per ogni settore. Dovreste soprattutto superare la mentalità frazionistica tipica del commerciante che vede la città solo di fronte alla propria vetrina, ma ragionare in termini complessivi.
Ad esempio se si organizza un grande concerto io, singolo commerciante, NON devo pretendere che venga fatto DAVANTI AL MIO NEGOZIO, ma in un’apposita arena. Le numerose persone che arriveranno a Busalla per l’evento si fermeranno ben a prendere un caffè o a gettare un’occhiata nelle vetrine!!!!!
Comunque a monte di tutto questo c’è un errore politico: negli anni Ottanta le amministrazioni comunali del Basso Piemonte, in primo luogo Novi Ligure (seguita poi a ruota da Serravalle Scrivia e Pozzolo Formigaro, nonché da Ovada, sia pure in dimensioni minori, lato Valle Stura) hanno varato Piani Commerciali che hanno aperto le porte in modo INDISCRIMINATO alla grande distribuzione che, se pur favorita con il buon intento di calmierare i prezzi, ha invece ucciso il piccolo commercio. L’Outlet poi si è rivelato una idrovora: assorbe tutto quello che gli sta attorno ed ha ucciso anche quei furbastri che avevano tentato di aprire un esercizio commerciale nei suoi pressi confidando in un effetto domino.
Ma non è stato così perché dopo poco tempo hanno dovuto chiudere i battenti, come li hanno dovuti chiudere anche altre realtà ben più grandi e già da tempo presenti sul territorio (Pensate al Mercatone Uno di serravalle). L’Otlet infatti è stato progettato per attirare i consumatori al suo interno e poi, come un grande polipo, tenerli “prigionieri” al suo interno tramite non solo le offerte commerciali ma erogando servizi (ad esempio: ristorazione, servizi bancari, accoglienza, divertimenti, parco giochi e cura dei bimbi per permettere alle mamme di girare tranquillamente tra i vari negozi, eccetera). I politici dell’epoca dicevano che l’Outlet sarebbe diventato il “VOLANO DELL’ECONOMIA DEL BASSO PIEMONTE”. Ditemi voi se così è stato!!!
Dalla desolazione dei centri abitati, grandi o piccoli che siano, che lo circondano, ridotti ormai a vedere lungo le loro strade una triste sequenza di serrande abbassate, sembra proprio che questo volano non ci sia stato.
Certo che all’Outlet vi lavorano molte persone, ma a quali condizioni? Con quali contratti?
Ma poi dietro l’angolo c’è anche un altro pericolo che direi sociale se non etico. L’Outlet favorisce una indiscriminata verticalizzazione della ricchezza, perché se prima la redistribuzione dei redditi si riversava su una platea molto vasta di commercianti, ora invece si concentra nelle mani di pochi. Ciò crea diseguaglianza e favorisce la distanza tra ricchi e poveri. E quando vi sono pochi ricchi e tanti poveri le cose poi alla lunga esplodono, perché in mezzo non vi è più un gruppo sociale di mediazione che possa tenere in equilibrio il sistema stesso!!!!
Qualcuno dunque potrebbe dire:non facciamo più grandi centri commerciali!!! Sarebbe sbagliato perché sarebbe un po’ come dire, se fossimo ancora ia tempi dell’avvento della motorizzazione, “non costruiamo le auto altrimenti non andremmo più a cavallo”.
Il progresso è il progresso e non bisogna fermarlo. Semplicemente occorre trovare strumenti “politici” per far convivere tutti in armonia. Uno strumento politico ad esempio è l’urbanistica che con un adeguato studio sui Piani regolatori, non più comunali, ma intercomunali o (come nel nostro caso) inter regionali (Liguria – Piemonte) pianifichi oculatamente il territorio, sottraendosi però ad ogni spinta speculativa.
Un altro strumento è quello fiscale punendo la rendita parassitaria degli immobili e, attraverso la deducibilità, favorire ad esempio il mercato degli affitti, affiancando a tale provvedimento magari riduzioni delle imposte comunali quali la Tari o l’Imu.
Si potrebbe poi pensare ad incentivare l’apertura di nuove realtà commerciali o artigianali, grazie a contributi per “giovani imprese” o altro ancora. Insomma bisognorebbe rimboccarsi le maniche e tutti insieme studiare un qualcosa anche perché la storia è micidiale e non perdona nessuno, perché la storia si basa sulla legge della natura dove il “pesce grande mangia il pesce piccolo”.
Ed è quello che oggi sta succedendo ai grandi centri commerciali, Outlet compreso, dove Amazon o le vendite in rete si stanno letteralmente mangiando le grandi reti di distribuzione tradizionali.
Nel frattempo noi de “l’inchiostro fresco” cerchiamo di dare una mano ai piccoli negozi mettendoli il più possibile in evidenza, come vede nella grafica qui allegata.
https://www.facebook.com/linchiostrofresco/photos/p.2258942457677433/2258942457677433/?type=3&theater
Ancora un cordialissimo saluto da parte di Gian Battista Cassulo