Tra mille difficoltà e polemiche, anche se in maniera probabilmente insufficiente, qualche progetto utile sta entrando nel famoso Recovery Plan, che deve destinare i cospicui fondi in arrivo dall’Unione Europea. Tra questi, il progetto definitivo per il completamento del raddoppio della linea Genova Ventimiglia. In particolare, i circa 31 km tra Finale Ligure e Andora, gli ultimi che rimanevano da completare. Nel progetto sono comprese le realizzazioni della nuova stazione di Albenga e delle fermate di Alassio (in galleria), Borghetto S. Spirito, Ceriale, Loano e Pietra Ligure. Nel nuovo tratto, 25 km saranno in galleria. Come comunicato dall’onorevole ingauno Franco Vazio. Oltre al raddoppio, è previsto il potenziamento di tutta la rete ferroviaria ligure con interventi di velocizzazione.
Mentre i politici liguri, a quanto sembra, almeno si danno da fare per il potenziamento del trasporto ferroviario, tutt’altra musica si sente in regione Piemonte. Prosegue la politica di avversione verso le ferrovie locali, a favore del trasporto su gomma oltre che delle mega-opere (TAV e Terzo Valico), contestate da molti residenti. Ostilità iniziata con la Giunta Cota nel 2012; e che prosegue imperterrita con l’attuale giunta Cirio, soprattutto per opera dell’assessore ai trasporti Marco Gabusi. Infatti, sarebbe stata questa l’occasione, più unica che rara, di ottenere congrui finanziamenti per opere certamente coerenti con gli obiettivi europei di sviluppo, mobilità sostenibile, riduzione del traffico automobilistico e quindi inquinamento. Precisamente, il ripristino di quelle dodici linee ferroviarie sospese dal servizio per vari problemi strutturali. Si sarebbe potuto pensare, fra l’altro, al raddoppio della Novi Ligure – Tortona. O anche a rifondare, con criteri moderni, le vecchie tranvie come la Novi – Ovada, di cui si è più volte parlato su questa testata.
Tutto tace, su questo fronte, anche da parte dei parlamentari nazionali piemontesi delle varie formazioni.
Così, anche quest’occasione dei nuovi fondi europei a disposizione, per realizzare o ristrutturare opere che avrebbero impatto positivo su ambiente e sviluppo turistico anche a lungo termine, rischia di andare sprecata. Si teme, infatti, che questi fondi (che, ricordiamolo, in parte sono prestiti da restituire che peseranno sul futuro di tutti gli italiani, e in parte somme a fondo perduto che comunque provengono dalle tasse di tutti gli europei, e non da qualche munifico filantropo che li regala a pioggia), si disperdano in mance, progetti solo sulla carta, opere di discutibile utilità. Con, oltre al danno economico, il discredito per una nazione in cui pare non si riesca a uscire dagli egoismi familistici o di partito.
Stefano Rivara