Il 21 maggio 1945 moriva in un assurdo quanto inspiegabile incidente Aldo Gastaldi dello “Bisagno”
“Se non si capisce il passato, non si può preparare bene il futuro”
Il 29 aprile 1945 con la “Resa di Caserta”, i tedeschi si arrendono incondizionatamente alle forze alleate e firmano un documento con il quale si stabilisce che dal successivo 2 maggio 1945 entrerà in vigore il “cessate il fuoco” su tutto il territorio italiano, ma le violenze in Italia continuano.
A Milano poi, si consumeranno, sempre il 29 aprile, i raccapriccianti fatti di Piazzale Loreto, con l’esposizione dei cadaveri a testa in giù di Claretta Petacci, Benito Mussolini e altri tre gerarchi, Achille Starace, Alessandro Pavolini e Paolo Zerbino.
Vendette, regolamenti di conti, trasformismi e opportunismi di bassa lega. Furono tempi feroci che videro anche grandi gesta di chi cercò, battendosi con onore, di riscattarsi dai modelli nei quali aveva creduto, come Aldo Gastaldi, detto “Bisagno”, classe 1921, sottotenente del Genio di stanza a Chiavari da dove si allontanò dopo l’8 settembre 1943 per salire in montagna con il suo intero reparto.
Uomo di grande carisma e di grande maturità nonostante la giovane età, non si lasciò mai condizionare dalle pressioni politiche ma condusse la sua “Resistenza” solo e soltanto in nome della Libertà, senza pensare a “crearsi un futuro” nel nuovo assetto di potere che si stava formando nella futura Italia.
“Bisagno”, medaglia d’oro al Valor Militare, da tutti riconosciuto come il “Primo partigiano d’Italia”, che con un pugno di uomini aveva inventato la “Banda Cichero”, non rese mai “pan per focaccia” ai suoi avversari, ma quando catturava un nemico, cercava di portarlo sempre dalla sua parte, come fece con un gruppo di alpini della Monterosa che, in modo rocambolesco, aveva catturato, per inglobarli poi tra le sue forze.
E proprio nell’accompagnare in Trentino questo gruppo di alpini, forse per preservarli da vendicative rappresaglie, il 21 maggio 1945, “Bisagno”, che tante volte aveva rischiato la vita in situazioni ben più pericolose, morì in un tragico quanto banale incidente.
Le cronache infatti dicono che quel giorno, nei pressi di Desenzano del Garda (BS), cadde dal tetto del camion con il quale stava trasportando a casa questi alpini, rimanendo travolto dallo stesso pesante automezzo.
Sempre colpito da questo episodio, in una fredda giornata di ottobre del 2016 con Giusy decisi di “fare un giro” nei luoghi che videro impegnato “Bisagno” e così da Novi Ligure partii alla volta di Cabella Ligure e da lì presi per Carrega per scendere poi, dopo aver superato Capanne di Carrega, verso la Casa del Romano. Dopo esserci scaldati nel rifugio vicino ad una bella stufa, giungemmo a Fascia, dove ci fermammo davanti al monumento a “Bisagno”. Dopodiché volgemmo la nostra auto alla volta di Torriglia e rientrammo a Novi risalendo la Valle Scrivia passando da Casella e Busalla, facendo così praticamente il tondo all’Antola, sul quale, sempre insieme a Giusy, già ci ero stato, una volta partendo dal Passo di San Fermo e una seconda volta da Capanne di Carrega.
Una bella scarpinata sui sentieri della Libertà perché “se non si capisce bene il passato, non si può preparare bene il futuro”
Gian Battista Cassulo